E vabbè, la Gelmini può funzionare come icona, non bisogna neanche tirare ad indovinare come possa essere ministro della pubblica istruzione una che s'è andata a comprare la laurea là nel profondo Sud altrimenti avrebbe dovuto farsela col photoshop e pretende di pontificare su come riorganizzare la scuola italiana, proprio così come il ministro Brunetta, il più assenteista di tutta la pessima squadra pidiellina, pretende di pontificare su fannulloni e fancazzisti.
Ma al di là della riforma con la quale questa destra ha deciso di sotterrare definitivamente la scuola pubblica vorrei esaminare quale sia il contributo culturale offerto alla nazione da coloro che hanno lanciato la Santa Crociata sulla scandalosa "egemonia culturale della sinistra" e sulla scuola dei "figliastri del '68".
Un contributo che, vedremo, già ad un primo esame superficiale rivela come la cultura della destra, di questa destra, in realtà non esiste.
O meglio, non ha nessun titolo per chiamarsi cultura, tanto per cominciare.
Ha solo la caratteristica di ammantarsi di quei luoghi comuni da bettola di ubriachi con i quali la parte più culturalmente gretta del paese crede di esprimere una visione politica basata sulla concretezza e sul pragmatismo tipico del "so io come si fa" con cui milioni di capre italiote pensano di risolvere qualsiasi problema.
Inutile puntualizzare che i risultati sono devastanti.
Iniziamo proprio dalla scuola. E magari dalla base, l'italiano.
Lo so che verrebbe subito da lasciar perdere e gettare la spugna, ma cerchiamo di mettere in chiaro almeno un paio di punti fondamentali; l'italiano è la lingua comune per TUTTI: lombardi, veneti, campani, lucani, sardi, siciliani, toscani, marchigiani ecc... ecc...; è il nostro biglietto da visita ogni volta che mettiamo il naso fuori di casa, esprime la nostra conoscenza, la nostra cultura, la nostra Storia.
Bene, andate su qualsiasi forum dove imperversa la generazione cresciuta nell'era televisiva post-Drive in.
Sì, quella se ke nn 6, xkè nn mvb, e ci siamo capiti non scrivo altro ché ho già i conati di vomito.
Quella che non entra in classe se non è munita di cellulare.
Quella che si diverte a sbattere in rete la ripresa di un disabile preso a botte in classe.
Quella delle ragazzine che spompinano nei bagni delle scuole per 10 euro di ricarica al cellulare.
E, dato da non sottovalutare, quella i cui genitori affrontano le istanze dei professori riguardo tale ignoranza con un'arroganza ed una mancanza di rispetto verso l'istituzione scuola (che a loro dire dovrebbe essere un servizio per cui vale solo il diritto per i loro pargoli a svernare invece di rompere i coglioni in casa) possibile solo per il fatto la classe docente è composta da poveracci che mettono insieme uno stipendio da operaio neanche specializzato e che quindi devono essere considerati degli sfigati senza speranza.
E allora dovrebbe essere chiaro che questa non è "cultura della sinistra" ma un'attitudine sdoganata prima dal rampantismo made in '80 targato Craxi, Milano da bere, yuppies e macchiette varie e definitivamente affermato attraverso il tubo catodico e la vergognosa supponenza sloganistica forzitaliota che ha trascinato le flebili menti italiote in quella barbarie culturale ben esemplificata dai mezzi d'informazione di riferimento.
Non è un caso che siamo precipitati in un vortice di abbrutimento fin da quando hanno sostituito i Pasolini con gli Sgarbi, i Bobbio con i Bossi (brrrrr) e le Delia Scala con le De Filippi e meglio non continuare altrimenti mi ci vuole una betoniera di Zoloft per sedarmi.
Al punto in cui siamo ora, con ministri che parlano un linguaggio da trivio (vedi il Brunetta di Gubbio, tanto per non scendere al livello dei cercopitechi leghisti), una televisione dove i culi veri sono l'unica alternativa alle facce a culo, ci vuole solo l'ignoranza crassa e la malafede sua figlia per rompere i coglioni a chi ha fatto il '68 ed alla rivoluzione di costumi derivatane.
Diventa quasi uno sparare sulla croce rosse rossa far notare ai minus habens destroidi che il loro senso di inferiorità col quale tentano di rivalersi ora che la feccia da cui si sentono rappresentati sta governando é semplicemente il prodotto del vuoto pneumatico col quale sono scesi a patti fin da quando sono stati presentati loro quegli oggetti oscuri ed inquietanti chiamati libri.
Vorrei altrimenti chiedere loro dove sta, al di fuori delle caratteristiche che ho già citato, la loro "cultura".
Ho frequentato la scuola media superiore in anni piuttosto agitati, dal '76 all'81, e posso affermare con assoluta sicurezza che noi "figliastri del '68" e professori annessi avevamo almeno le condizioni fondamentali per sfornare cervelli pensanti e con una discreta base culturale, anche se problemi anche gravi esistevano già allora.
Ricordo bene che il rispetto e la deferenza almeno verso l'Istituzione dei docenti avevano un senso perchè nonostante fossero, come sempre, sottopagati e spesso sotto un discreto stress, c'era ansia di sapere per accedere ad altro sapere; il '68 aveva anche lasciato, guarda caso, una voglia di andare a fondo alle questioni qualsiasi esse fossero, spesso con l'urgenza e l'arroganza tipica degli adolescenti, però ho ancora il ricordo di professori degni del massimo rispetto, gente che a noi capelloni rivoluzionari ci faceva mettere in piedi all'inizio di ogni lezione e leggere almeno cinque articoli della Costituzione e guai a chi fiatava. Ed era una cosa che noi capelloni rivoluzionari adolescenti e con gli ormoni a 3000 apprezzavamo non poco.
C'era anche un sistema di regole per cui piano piano diventavi conscio che ogni picconata all'istituzione scuola in realtà era una picconata a te stesso, sistema che con gli anni è stato smantellato a pro di promozioni facili e lassissmo becero teso solo a portare numeri roboanti che avrebbero dovuto significare prestigio ed in realtà significava sciogliere nelle università e nel mondo del lavoro dei caproni incapaci di fare una O col culo, altro che '68.
Ad esempio sono tra quelli (ed erano la stragrande maggioranza anche ai miei tempi) che se ne sbatteva del 6 politico, considerandolo una stronzata siderale. Che hanno cercato di fare lezioni autogestite ma FUORI dall'orario scolastico, che a fine anno quando la media dei bocciati in quasi tutte le classi del biennio superava il 25% non dava la colpa al "sistema", sapevamo semplicemente che era una scuola molto dura e selettiva. Chiusa lì.
Le occupazioni, le assemblee permanenti, gli scontri con le istituzioni erano su temi molto seri, su temi strutturali (al volo mi sovviene la riforma Valitutti, che provocò un mezzo macello) ed avevano una partecipazione TOTALE sia da una parte che dall'altra; già perchè anche chi si diceva fascista non era solo un ripetitore di slogan o un bazar di simboli che fanno figo. C'era tutta un altra coscienza, e c'era anche una violenza esasperata sulla quale tutte le parti, Stato compreso, soffiavano a pieni polmoni. Fino quando qualcuno non ha deciso di riempire le strade di eroina.
Non sto facendo un'apologia dei bei tempi andati, c'era molto da cambiare a cominciare dalla puzzolente arroganza dogmatica dei gruppettari di sinistra con cui sono sempre stato in urto e degli intellettuali anch'essi pecore asservite al trend del momento a parte dei monumenti come Pasolini che però ha fatto la fine che ha fatto e chi crede ancora alla versione ufficiale può tranquillamente aspettare Babbo Natale anche quest'anno.
Il problema è che niente è cambiato in meglio e la strada intrapresa ci sta portando indietro, visto che quello che c'era di buono è stato sradicato dal becerume destrorso cattocapitalista per creare generazioni di robottini decerebrati che arrivano all'Università e devono scervellarsi per sapere qual'è la capitale del Venezuela.
Continuino pure, quindi, i seguaci di Berlusconi a lamentarsi della superiorità culturale per la quale rosicano foreste intere pur avendo in realtà le chiavi della cultura italiana da quasi trent'anni.
Sono e resteranno sempre e comunque inferiori.
Perchè in realtà quella dominante non era una cultura di sinistra, era una cultura di ricerca e può confermarlo anche chi a quei tempi era di destra, un'altra destra.
Che è sempre preferibile ad una cultura del vuoto, delle parole urlate per coprire la propria ignoranza, dell'egoismo e dell'invidia.
2 commenti:
non è più questione di desra o sinistra, ho paura.
è la melma. la melma che trabocca.
è quella miscela di menefreghismo e arrogante ignoranza in cui da 50 anni a questa parte - salvo poche eccezioni illuminate e illuministe - il popolo italiano è stato volutamente e scientemente tenuto.
è la televisione assurta a maestra e modello di vita. è il mercato che è sola legge e misura delle cose. è la noia dell'importenza e l'impotente violenza dei vigliacchi: esercitata sui deboli ma mutata in servilismo opportunista di fronte ai più forti. è la forza di chi HA contro quella di chi È. è l'ignoranza eletta a sistema, la viltà rasformata in virtù capitale.
è purtroppo una barbarie di tipo nuovo. assai diversa dalla bestiale violenza di altri tempi, che era comunque un prodotto - seppure avvelenato - della storia e io aggiungerei anche pienamente giustificato dale circostanze e dalla natura delle meccaniche politiche. ma non è per questo una barbarie da sttovalutare o meno pericolosa.
anzi, a essere sincero mi fa persino più paura perché è un proteo inafferrabile e per questo sostanzialmente (mi auguro di no, ma temo) imbattibile.
perché è odio vischioso che oggi si dirige contro un nemico, e domani verso l'opposto, a mera convenienza, come muta il vento.
ed è per questo - poiché è un odio senza memoria - assai più incontrollabile e devastante.
io sono molto pessimista, molto.
e temo di confermarmi profeta.
Capisco, almeno spero di aver capito.
Vorrei aver paura ma non so nemmeno se posso permettermela. Sto cercando di rendermi immune e di lasciare che questa melma ritorni direttamente addosso a chi l'ha voluta. Sto guardando ad oriente ancora più che in passato, ad esempio. Abbiamo avuto un Pasolini ma ci è mancato un Mishima. Gli stolidi intellettuali di oggi sono anche loro merce. Tocca a noi, coi pochi mezzi che abbiamo. Per cosa continuare a vivere altrimenti?
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