mercoledì 30 giugno 2010

E LA CREMERIA?


Funziona così.
Ieri viene fuori la notizia di un ex concorrente del Grande Fratello che ha provato a paracadutarsi e invece è andato giù a sassata.
Eh beh, dico.
Vedi che quando mamma mi diceva di stare coi piedi per terra aveva ragione.

Poi mi si dice che il tizio faceva il padrino per i corsi di paracadutismo di casa Pound.

Eh beh, dico.
La notizia la metterei fra i "chi se ne frega" del mese a meno che qualcuno mi dia l'indirizzo del magazzino dei paracaduti che usano 'sti tizi in modo che glieli vado ad inamidare e si fà un pò di pulito.

Poi leggo che chiunque osi per questo desantificare il suddetto ex concorrente del GF fa incazzare a morte i suoi fan che immagino dissemineranno di kappa e acronimi da codice fiscale l'intera rete pensando di insultare e mettendo a nudo, invece, la propria specifica appartenenza a quel meraviglioso mondo grazie al quale ci ritroviamo un paese di MORTI (veri, non paracadutati) e ai morti, si sa, non si risponde.
Li si tratta per quello che sono.
Dei morti.

E i morti, con la carenza di loculi che c'è, si cremano.

Ecco, cerchiamo di prendere la cosa per le opportunità che offre.

Li possiamo cremare, questi qua.

Pensiamoci su.

venerdì 25 giugno 2010

I-TALI-A


Una volta mi piaceva il calcio, ci giocavo pure.
Prima portiere - i ragazzini più matti di solito li mettono lì a buttarsi per terra e sporcarsi tutti - poi interno di centrocampo con licenza di segnare, piedi buoni, testa alta e facile al contrasto.
Nei campionati minori tipo prima categoria, promozione, eccellenza & simili ce ne sono a migliaia di giovanotti partiti con talento & speranza e poi rassegnati ai campi delle periferie dell'impero.
Bravi, però la testa...ahi.

Quando il calcio non era Sky, diritti televisivi e palcoscenico per lo studio delle forme di repressione il calcio era soprattutto le storie, la mitopoiesi che ne costituiva il lato più affascinante per l'immaginario collettivo, specialmente quello dei giovanotti.

Una volta c'erano giornalisti come Gianni Brera, dei sobri e severi signori divorati dalla passione per lo sport che, come lo stesso Brera diceva "aveva permesso all'uomo di dimostrare di poter dominare una sfera con la sua parte allora ritenuta meno nobile", almeno rispetto alle mani ed alle braccia fonte di lavoro.

Non credo che il mondo del calcio sia mai stato pulito. Credo che altresì ci siano stati campionati in cui semplicemente si è potuto assistere allo spettacolo di grandi squadre nobilitate dalla presenza e dalle prodezze di alcuni campioni e che questo è il massimo che può offrire il calcio moderno.
Questo, ad esempio, è successo con squadre come il Milan di Sacchi, con il Napoli di Maradona o con la Roma di Liedholm e Falçao, tutto rigorosamente a livello di opinione personale.

Lo spettacolo del calcio italiano attuale è stato ben rappresentato dalla nazionale italiana e dal suo ambiente (federali, politici e tecnici senza esclusione alcuna).

Partiamo dalla radice: pochi giorni fa un quotidiano locale di qui (Livorno, per chi non frequentasse questo blog) pubblica una lettera di un allenatore di una piccola società che cura un vivaio di ragazzini dai 10 anni in su.
E' incazzatissimo.
Punta il dito sui genitori e sugli "squali" di altre società più facoltose che avvicinano i ragazzi portandoli via alle società più piccole che magari instillano nei ragazzi un'etica dello sport un tantino differente da quella del successo ad ogni costo piuttosto che il duro lavoro ed il miglioramento personale.
Con i genitori è durissimo: si parte dai comportamenti belluini ed assolutamente incivili che tengono durante le partite, per finire alla quantità di stress che mettono addosso ai ragazzi riguardo la loro "carriera".

Ovviamente succede un mezzo finimondo a suon di risposte e controrisposte, ma basta andare ad assistere ad una partita di ragazzini di qualunque livello per vedere con i propri occhi quale sia la situazione.

Il sistema per avere successo è l'attuale Sistema Italia.

E allora ci si spiega una nazionale che arriva in Sudafrica con la stella di Campione del Mondo e se ne torna a casa guardando dal basso la Nuova Zelanda.

Vinciamo i Campionati del Mondo perché abbiamo come al solito una grande difesa di muscoli, carattere e malizia e perché abbiamo quello che è indispensabile avere se si vuole vincere, dei fuoriclasse.

Uno di questi gioca addirittura con una gamba sola, è massacrato sistematicamente per tutto il campionato regolare ed arriva al mondiale praticamente zoppo.
Ma andatevi a rivedere quei tre tocchi che ha fatto nel mondiale di Germania.
Sarà un'icona del coattismo romanesco ma è l'ultimo vero fuoriclasse che avevamo.

Ne avevamo altri due: due matti, Balotelli e Cassano. Niente. E' stato pubblicamente ammesso dallo staff della Nazionale che non ci sono le competenze e le capacità di gestire al meglio i talenti che abbiamo.
Il calcio non è più in nessun aspetto anche un occasione per crescere e diventare più uomini, almeno qui in Italia.

L'altro fuoriclasse che ci è rimasto è Andrea Pirlo, un sinti dalla faccia triste che vede il campo come da un satellite, che ha una visione tattica e la capacità di creare gioco che pochi al mondo hanno. Ma non ha successori. Perchè ogni visione creativa del calcio sta annegando in un esaltazione della mediocrità atletica in cui troppi stranieri-bufala hanno appiattito la caratteristica principale che morfologicamente un team italiano deve sviluppare al meglio: la fantasia, l'imprevedibilità, il genio, la velocità d'esecuzione.

Mazzola e Rivera camminavano ma quando si trovavano davanti le nazionali atleticamente superiori aprivano spazi impensabili nei quali gente come Anastasi, Boninsegna e Riva si esaltavano; e prego ricordarsi che sia Anastasi che Boninsegna pesavano quanto mezzo Iaquinta.

Abbiamo prodotto anomalie in serie, giocatori amatissimi nonostante fossero genio e sregolatezza in squadre alla periferia dell'Impero ma anche campioni assoluti come Roberto Baggio, uno che invece di sdraiare veline o frequentare covi di cocainomani se ne stava con moglie e figli, pregava nammiòrenghecchiò ed il resto del tempo lo passava a fare fisioterapia alle gambe regolarmente massacrate ad ogni fine campionato.

A questo giro i campioni li abbiamo lasciati a casa, o li abbiamo portati già rotti, come Buffon e Pirlo.
E abbiamo dimostrato al mondo intero che senza genio, senza fuoriclasse, senza scintilla creativa, senza l'imprevedibilità della perfetta unione delle caratteristiche ITALIANE coadiuvate dal servizio di uno o due fuoriclasse non siamo niente.
Siamo una nazionale morta, uccisa dall'eccesso di mafiosità di un CT che ha pensato che fare una sua parrocchietta e raccontargli che è la più bella parrocchia del mondo potesse bastare.
Ne conosco un altro, guida il paese e ci sta facendo fare la stessa fine.

Ecco, la differenza fra gli italiani ed i giocatori della nazionale è che loro almeno sono scesi in campo e - malissimo - se la sono giocata.


Nella foto: un fuoriclasse dei tempi andati, uno che ci ha quasi rimesso la cotenna. Anche lui Campione del Mondo)

mercoledì 23 giugno 2010

IN UN PAESE DI MORTI


Non ho scritto per un pò, prima per impegni di lavoro e non, poi volontariamente per vedere quando l'impulso irrefrenabile di rimettere mano al blog mi avrebbe ripreso la mano: niente.
Quindi ho deciso di riscrivere e di continuare nonostante quel poco di presa di distanza nel mondo dei blogger e dalle informazioni in tempo reale per reimmergermi nelle questioni
quotidiane vissute insieme alle persone con cui vivo e lavoro ogni giorno mi ha chiarito definitivamente un punto: l'Italia è un paese morto.
Un paese morto perché nelle sue vesti di Italia, penisola stracolma di storia, di genio e di risorse, non è più in grado di dare un cazzo; a chi ci abita ed ancor meno a chi ci ha a che
fare dall'esterno, a parte le quotidiane dimostrazioni di cialtroneria, pressappochismo e delinquenza nel gestire il patrimonio etico, umano, artistico e lavorativo di cui dispone e che se ben
amministrato potrebbe permetterci molto di più della desolazione che chiunque conservi una qualche caratteristica umana può ammirare.

L'Italia è morta, e probabilmente il rigor mortis avanza già inesorabile senza che la stragrande maggioranza degli italiani se ne stia accorgendo, italiani che sono anch'essi un popolo morto, inutile, gretto, cattivo ed avido
senza avere nessuna caratteristica che possa dare a queste accezioni negative alcunchè di poetico e di affascinante nella sua terrifficante vocazione al disprezzo delle regole di convivenza civile. Almeno quelle che
sembrerebbero così scontate da sembrare inutili.

Le prove del decesso le vediamo dalla blanda rassegnazione con cui a Pomigliano si lascia la FIAT ricattare migliaia di famiglie e, di conseguenza, l'intero mondo del lavoro; questo
da parte di un'azienda parassita, retta da parassiti, che da sempre fa pagare la conquista di ogni normale diritto umano sul lavoro mentre dallo Stato e quindi dai contribuenti
compresi coloro che vanno a piedi, ha ciucciato tutto quello che ha potuto fin dal dopoguerra mentre gli italioti sbavavano sull'orologio sopra il polsino dell'Avvocato.
Le "sfide" dei mercati globali sono sfide al ribasso per chi lavora e ci lascia sempre più spesso la pelle e l'andazzo sembra ancora più incancrenito perché mentre da altre parti si
sequestrano manager qui si sale sui tetti per scenderne con l'amorevole collaborazione dei sindacati ma con un bel palo piantato nel culo che la vasellina spalmata dall'ineffabile triplice
non riesce a rendere comunque piacevole.
Quanto accade a Pomigliano è la goccia d'olio che si espanderà in tutta la nazione con le tute blu già pronte a far vendere il proprio culo per un piatto di lenticchie, così come l'alesaggio
degli sfinteri degli operai di Pomigliano dimostra.
C'è una cosa che si chiama dignità, la stessa dignità dimostrata nel dopoguerra sotto la guida di ben altri sindacati e che si è vaporizzata sotto il peso di mutui da pagare che
probabilmente non verranno ugualmente estinti, figli da far crescere e studiare nelle scuole gelminiane, cioè nel NULLA.
Quella dignità che portava migliaia di operai in piazza a fronteggiare poliziotti, infiltrati, servi e cortigiani in nome di condizioni di lavoro umane, che permettessero ad un individuo
di poter pianificare un futuro, dignità che ora non c'è più.
Morta.
Come l'Italia, appunto.

Un esempio:
ieri all'entrata sul lavoro i miei collaghi mi informano che era previsto uno sciopero generale dei lavoratori degli enti lirico-sinfonici promosso da CGIL-CISL e UIL.
Ovviamente il destinatario della protesta è l'affossatore dell'arte e della cultura italiana che risponde al nome di quel verme untuoso di Sandro Bondi.
Nel comunicato congiunto, in fondo, c'è un nebuloso riferimento anche agli altri operatori dello spettacolo, ma non si chiarisce se lo sciopero riguarda anche noi, che non facciamo
parte di un ente lirico-sinfonico ma di una fondazione.
I miei colleghi sono iscritti per la quasi totalità alla CGIL. Ci sono solo due senza tessera: il mio collega Pippo (che ho già presentato in precedenza nelle vesti di navigatore) ed il
sottoscritto: due vecchi punk incarogniti.
Chiamano il rappresentatnte sindacale: silenzio di tomba. Non c'è, non risponde, non si trova.
D'altra parte sin da quando ha preso il posto del precedente rappresentante pochissimi lo hanno visto, nè costui s'è preoccupato di presentarsi alle maestranze nel caso
volesse dimostrarci di essere abbastanza in gamba da strappare la quota sindacale dalla mia busta paga e da quella dell'altro mio collega.
Ed è passata l'intera stagione teatrale, eh.
Ok, chiamano a Roma, nella sede nazionale.
Ci girano alla sede di Firenze perché i rappresentanti dello spettacolo son tutti fuori alla manifestazione.
Da Firenze ci dicono che per noi che non abbiamo la "fortuna" di lavorare in un ente lirico lo sciopero generale è il 2 luglio.

Domanda: COSA CAZZO SIGNIFICANO QUESTI SCIOPERI A SCAGLIONI?

Non siamo forse anche noi macchinisti, generici, attrezzisti, scenografi, elettricisti, truccatori, parrucchieri, facchini e tutte quelle figure professionali che fanno lo stesso
lavoro che viene svolto nei teatri d'eccellenza e negli enti lirici, sui set cinematografici e negli studi televisivi?
Siccome ho lavorato in ognuno di questi ambienti posso affermare con certezza assoluta di sì.
Non è l'intero mondo della cultura e dell'arte sotto attacco da parte di questo governo e non colpisce forse l'intera struttura del mondo dello spettacolo il progetto
di legge presentato da quel tentativo d'uomo fatto ministro grazie all'esclusivo merito di essere un viscido zerbino del pagliaccio assiso alla presidenza del consiglio?

Forse i dirigenti della triplice hanno deciso di infilarsi definitivamente il cervello su per il buco del culo?
Oppure ormai i sindacati sono diventati il Gatto e la Volpe al servizio di Mangiafuoco?

La seconda che hai detto, direbbe Guzzanti/Quelo.

Il compito di troncare e sopire il conflitto sociale che potrebbe esplodere in questa situazione e lo stanno svolgendo a meraviglia.

Intanto la settimana scorsa due morti in tre giorni, uno nel cantiere navale, l'altro in una banchina del porto.
Un ragazzo albanese caduto da una nave sulla quale stava lavorando, il suo primo giorno, in non so quanti sub-sub appalto con una ditta di Sestri Levante.

Poi, dopo, si viene a sapere che su quella banchina c'era già una precisa ingiunzione di divieto dell'uso della stessa proprio per motivi di sicurezza.
Il ragazzo è annegato, sotto il peso dell'attrezzatura da lavoro e sotto gli occhi del fratello, anche lui al lavoro per la solita ditta.

Due giorni dopo un camionista viene travolto da un tubo che un carrello stava scaricando dal suo camion, un tubo da peso di una tonnellata e passa.
Si scopre che i tubi sistemati sul pianale del camion non erano stati caricati coi minimi requisiti di sicurezza.
Roba che poteva perderli addirittura durante il viaggio.
Naturalmente la ditta è in sub-sub e non soi quanti altri sub appalto.

Questi sono i nostri industriali, questi sono i nostri imprenditori.
Oh, e i nostri sindacati, quelli che poi a cadavere caldo indicono lo sciopero.

Certo che a quanto ci piace farci prendere per il culo non c'è fondo.

E ora la banda di assassini capitanata da quella bella donna della Mercegaglia prova a tirare la corda all'estremo.
Ma no, non è un estremo.

Andrà oltre perchè l'Italia è un paese morto, abitato da morti che non sanno di esserlo, inutili se non dannosi, rassegnati, avviliti, annientati dalla paura di
perdere il pasto vomitato dai padroni.

Ora a L'Aquila si scoprono gli altarini del signor Bertolaso e del suo innominabile padrone: si scopre l'immondo mercimonio immobiliare/affaristico vaticano di cui il
Cardinale Sepe è solo l'ologramma mostrato al popolino, mentre sulla squallida recita messa in scena da Berlusconi & c. sulla pelle degli aquilani il principale organo
di informazione televisiva pubblica tace obbedendo, roba da sfasciare sulla crapa pelata di Scodinzolini un bel Phonola in acciaio ghisato del '65.
Ma è solo un microscopico frammento della vocazione delinquenziale che questo governo votato da morti in putrefazione e rappresentato da sciacalli che pasteggiano
proprio sui morti, quelli che li hanno votati e quelli che loro stessi provocano, ha nel suo DNA, retaggio di quel ventennio che già ha lasciato l'Italia sotto un cumulo
di macerie e che grazie a quella dignità di cui parlavo era stato ricostruito.

E chi informa, chi cerca di tenere viva una coscienza?
Chi cerca di far luce su ciò che veramente è, rappresenta e significa la nostra classe politica e tutti i troiai che la circondano?

Leggete QUESTO ARTICOLO, tanto per fare un esempio.

E vogliono pure la legge-bavaglio, vogliono.

Beh, a prestissimo, vado a farmi un'altra danza sui cadaveri di quelli che un tempo si definivano italiani.