venerdì 17 agosto 2012

SUONO DUNQUE SONO

"Il canto era già forte e il bosco così fitto che non riusciva a vedere a più di un metro di distanza, quando d'improvviso la musica cessò. Sentì un rumore di arbusti spezzati. Si diresse rapidamente in quella direzione, ma non vide nulla. Aveva quasi deciso di abbandonare la ricerca quando il canto ricominciò un pò più lontano. Di nuovo si diresse da quella parte; di nuovo chi cantava tacque e gli sfuggì; doveva essere più di un'ora che giocava a questa specie di nascondino, quando i suoi sforzi vennero ricompensati "
(....)
"Avanzando con cautela in direzione di uno di quei forti canti, attraverso i rami fioriti vide infine una forma nera. Fermandosi quando smetteva di cantare e avanzando di nuovo furtivo quando riattaccava, la inseguì per dieci minuti. Finalmente ebbe il cantore davanti agli occhi, ignaro di essere spiato. Stava seduto, eretto come un cane, ed era nero, liscio e brillante; le spalle arrivavano all'altezza della testa di Ransom; le zampe posteriori su cui poggiava erano come arboscelli, e gli zoccoli, sul terreno, ampi come quelli di un cammello. L'enorme ventre rotondo era biancoe sopra le spalle si innalzava, altissimo, come il collo di un cavallo. Da dove si trovava, Ransom vedeva la testa di profilo; la bocca aperta lanciava quella sorta di canto d'allegria , e il canto faceva vibrare quasi visibilmente la gola lucida. Guardò meravigliato quegli occhi umidi, le froge sensitive delle narici. In quel momento l'animale s'interruppe, lo vide e si allontanò, fermandosi tuttavia dopo pochi passi, ritto su tutte e quattro le zampe, non più piccolo di un giovane elefante, agitando una lunga coda pelosa.

Era la prima creatura di Perelandra che sembrasse mostrare un certo timore dell'uomo.
Ma non era paura.
Quando Ransom la chiamò si avvicinò. Gli mise il muso di velluto sulla mano e accettò il contatto; ma quasi immediatamente tornò ad allontanarsi.
Chinando il lungo collo, si fermò e appoggiò la testa fra le zampe.
Ransom vide che non ne avrebbe cavato nulla e quando alla fine l'animale scomparve alla vista, non lo inseguì.
Gli sarebbe sembrata un'ingiuria alla sua timidezza, alla sommessa soavità della sua espressione, al suo evidente desiderio di essere per sempre un suono, e solo un suono nel cuore più fitto di quei boschi inesplorati.
Ransom riprese il cammino qualche secondo dopo, il suono proruppe alle sue spalle più forte e più bello che mai, come un canto di gioia per la ritrovata libertà."

C.S. Lewis - Perelandra
da "Il libro degli esseri immaginari" a cura di Jorge Luis Borges

E così ho scoperto chi sono, o almeno come vorrei essere.
Lontano dai latrati che gli uomini di potere ci costringono ad ascoltare, lontano dall'ipocrisia di chi si avvicina per studiarti e all'occorrenza distruggerti, lontano dalla corsa folle di un'umanità in cerca di padroni e non di fratelli, lontano dall'aria irrespirabile, dall'acqua imputridita dagli scarichi delle coscienze sudicie, lontano dalla misura degli occhi senza cuore, da braccia tese per farti scivolare, da quello che è mio è mio e solo mio.

Steiner diceva che la nostra essenza è suono.
Cantare è il momento catartico per eccellenza quando tutto intorno sparisce per trasformarsi nel paesaggio che il suono della voce ha disegnato. Quando la voce esce forte, chiara ed il petto, il cuore, la gola e il cervello vibrano in un solo suono insieme a tutto quanto ci circonda, è allora che si può raggiungere la percezione di cosa sia la libertà.

E' il canto quello che vorrei fosse udito quando sono fuori per la strada, non la mia figura affatto dissimile a quella dell'animale di Lewis. Ed è il canto che vorrei fosse udito da questa pagina.

Vorrei estinguermi per essere suono.
Che sia la manifestazione della forma fisica il prezzo da pagare per le nostre azioni?

sabato 11 agosto 2012

LA BANALITA' DELLE ICONE E FICHE IN RIVOLTA

Mi fanno notare come l'appoggio alla causa dell Pussy Riot dato da personaggi come Sting e Madonna sia argomento da valutare con attenzione.

Giusto. In natura ci sono gli sciacalli, fra gli umani c'è Vittorio Feltri quindi è un argomento che merita approfondimento & analisi in compagnia di una compiacente dose di cinismo perché i tempi richiedono duttilità ma una dose di cinismo puro o al massimo tagliato con del sarcasmo può sempre recare all'animo la corretta prospettiva in caso di civiltà allo schianto. E noi lo siamo.

Ognuno di noi ha un numero di cause GIUSTE che abbraccia a prescindere, semplicemente perché ogni battito del cuore, ogni molecola del cervello, ogni emanazione dell'anima sa che quella causa è giusta.

Ad esempio, senza andare troppo sull'onirico, la TAV.

Faccio una fatica immane a concepire che un SI-TAV sia in buonafede, ad esempio. Ma questo dipende dal mio manicheismo o dal fatto che c'è qualcuno altrettanto convinto delle sue buone ragioni e che la TAV è una cosa utile?
Ad ora le ragioni dei SI-TAV che ho avuto il piacere di leggere non fanno altro che rafforzare l'ipotesi che se proprio non possono prenderci per culo cercano di fare il fisico a bagnino incazzato col risultato di aggiungere il ridicolo al tragico ma cosa ci devo fare, sarà un modo di concepire diversamente la Vita.

Ora, mettiamo che fra qualche mese uno di quelli che s'è fatto i campeggi, gli scontri, magari s'è preso pure una denuncia, magari s'è preso pure un lacrimogeno in faccia. Magari no.
E passa per la via principale della città e vede i ragazzi modaioli che stanno piazzati nella solita nicchia ogni cazzo di giorno che parte dal calendario a cucù con le spillette NO TAV, con l'adesivo NO TAV sulla vespina accanto a "Marty TVB4EVER" o sulla Golf pagata da babbo.

O parliamo del Che Guevara.
Mi dicono ora lo espongono pure quelli di Casa Dollar. O Pound. Sempre una brutta cosa è.
O del logo dei Ramones. O delle t-shirts dei Nirvana. O della moglie del Borghini. No, vabbè, quelli son affari del Borghini e cazzi della sù moglie.

Ma, tornando al principio, il fatto oggettivo è che ci sono tre ragazze in carcere per reato di leso putinismo e leso patriarchismo di stocazzo.

E queste bisogna che intanto escano fuori.

Subito.

Malcolm X diceva "con ogni mezzo necessario"

Ora i capataz del Cremlino a mio parere non è che siano agitati più di tanto. Però potrebbero diventarlo.

Ora c'è il rischio che le Pussy Riot diventino icone di plastica prima che ribelli anarcofemministe.
Cose già viste.
I Sex Pistols sono nati a tavolino, ad esempio. Costruiti da un managerino inventatosi tale.
I Clash avevano un contratto con la CBS, cioè la Columbia Broadcasting System, ancora prima di far uscire il primo LP.
A 15 anni mi fecero la tessera dell'ARCI.
Tanto lo so che prima o poi bisognerà vergognarsi e fare autodafè.

Io penso che individualmente dobbiamo tenere il punto.
Il punto che preferisco è quello di imparare la lezione anche stavolta, perché ogni scintilla può accendere un fuoco e il fuoco della passione per la libertà può essere uno strumento quotidiano per la consapevolezza, quella che porta la forza di essere un cambiamento, non uno status quo o un regresso.

Le Pussy Riot hanno mandato un messaggio sulla stupidità e sull'arroganza dei poteri.
Un'artista greca, Diamanda Galàs, ha cantato la sua "Plague Mass" in una cattedrale. Chi conosce Diamanda Galàs sa benissimo che non ha cantato "Laudato sii mio signore".
Ma a parte i soliti generici anatemi da parte di qualche vescovo e qualche caì di qualche pretonzo in occasione di suoi shows qui in Italia non ha incassato.

Inutile dire che sotto il Compagno Breznev le bimbe sarebbero andate a fare compagnia ai carrarmatini piazzati in Jacuzia a cesellare cubetti di ghiaccio con un orso siberiano ai calcagni ma ormai parliamo di cose che furono.

I Media rispondono a logiche che forse noi stessi non siamo consapevoli quanto possiamo influenzare?
Cosa ci fanno con le informazioni di Fessbook?
E noi gli diamo in pasto cose che permettono loro di darci in pasto cose che noi mangeremo.

Parlavo di cominciare a comportarsi in modo strano.
I Che Guevara sui pacchetti di tabacco e sulle scatole di detersivo possono fare storcere i ginocchi ma non è l'icona che fa il pensiero.

Usare media controllati per far sapere a viso aperto che abbiamo il nostro dito medio alzato verso i loro culi non dovrebbe farci paura, anzi.

E conoscersi meglio può voler dire sapere per cosa lottare, a prescindere dall'icona da cui hai percepito il fuoco della tua giusta causa.
Questa delle Pussy Riot è una mano tesa che metaforicamente può svegliare a schiaffi gente che al massimo metterà l'adesivo figo sul vespino, come può svegliare un'onda che può arrivare lontano: dipende da noi. Quelli fuori.
E uno scappellotto allo Czar Putin e alla zecca ortodossa, magari condito da un nocchino a sbucciata, non mi farebbe punto astio.
I Media facciano il suo lavoro, noi faremo il nostro, perché le bimbe andranno seguite anche dopo l'auspicata scarcerazione. Col rispetto e con l'amore che si deve a chi mette la faccia per tanta, tanta altra gente, indistintamente.

Un'altra cosa: se qualcuno volesse conferme sul fatto che PUNK vuol dire metterci la faccia è servito.


(nella foto: secondo me i Kiss non l'hanno presa bene)



mercoledì 8 agosto 2012

PUSSY RIOT!



Stavo quasi in pensiero.
Mi chiedevo: possibile che i menestrelli del rock, quelli che sono abituato ad ascoltare come la voce del disagio di una, due, tre generazioni, siano ridotti a riempire stadi cantando col pannolone e fare benefits per cause tanto nobili quanto di facciata?

Ero abituato che questi menestrelli fossero assai temuti dai potenti. A John Lennon spiato dalla CIA. A Jello Biafra contro Tipper Gore. A Zappa ed alla sua memorabile arringa dentro una Corte di Giustizia contro il PRMC. Ai tour dei Black Flag. Quelle cose lì insomma.

E' da quando Kurt Cobain s'è sparato che non succede un cazzo, diciamocelo.
Chi sta esprimendo il disagio delle attuali giovani generazioni? Chi sta esponendo la propria faccia per dire sul muso del potere che così non si va in paradiso?

I Grandi vecchi si godono in pace quanto seminato in passato, alcuni continuano anche più che dignitosamente a sfornare dischi, magari nel circuito indipendente, altri sono spariti nel nulla (vedi Bowie e se sparire fosse l'ultima sua incarnazione avrebbe compiuto l'ennesimo capolavoro) altri scrivono le proprie memorie.

Ogni tanto spunta Tom Morello a sostenere gli Occupy Wall Street o a presenziare a qualche flash mob antisistema, ma il lampo dei Rage against the machine s'è esaurito appunto in un lampo e ancora i ragazzi si sbrindellano la testa su "Bullet in the head" (che tra l'altro è diretta al cantante dei Suicidal Tendencies però non è bello dire che un presunto inno rivoluzionario è in realtà una lite da pollaio).

Per il resto noia mortale. Il delirio narcisista delle star degli anni '70 aveva lasciato posto a quello premonitore e carico di rabbia del punk, dopodiché tra rivoluzione musicale ed estetica a mio parere è stato segnato un punto di non ritorno. 
L'etica e l'estetica punk ha messo nelle mani del pubblico gli strumenti per navigare nel disastro prossimo venturo, si è esso stesso trasformato e sfaccettato, ha sdoganato le autoproduzioni, ha creato un altro mercato ed è tornato nelle cantine da dove era uscito.

Oggi c'è ancora chi si sente punk ascoltando i Blink 182.
O i Green day, che almeno una lunga gavetta nei club più putridi degli States se la sono fatta.

Ad increspare questo mare che sembra una tavola blu ci hanno pensato un gruppetto di ragazze russe, le PUSSY RIOT.

Il problema è che le ragazze hanno eseguito una canzoncina satirica sullo Zar Putin, quello del lettone con l'accento sulla o e non sulla prima e. E lo hanno fatto dall'altare di una cattedrale.
Risultato: sono detenute preventivamente dai primi di marzo ed è stata chiesta per loro la pena di tre anni.

Tra i più feroci nell'invocare pene esemplari il Patriarca Ortodosso, uno di quegli esseri con tonacone e barbone ieratico che appestano il pianeta frantumando i coglioni al genere umano pur di non andare a lavorare. Tipo quello che teniamo in Vaticano, per capirci meglio, che la barba però non la tiene.

I tempi reclamano una veloce presa di coscienza.
Ambientale, innanzitutto. Lo sforzo di ricongiungerci alla Natura ed alle sue creature smettendo di comportarci come se fossimo gli unici ospiti importanti del pianeta.
E poi spirituale.
Ad esempio, disfacendosi di chi in nome di un Amico Immaginario che si ostina parlare da 2000 anni di Eve e serpenti, che da 200 ha ammesso che la terra è rotonda (credo che sullo schiacciamento ai poli abbiano ancora delle perplessità) e che è da sempre il più formidabile strumento di oppressione e che tuttora funziona assai meglio della televisione.

E invece.
Finiti i peana sulla primavera araba arriva la prima costituzione democratica in Tunisia e tanto per cominciare i diritti della donna restano in fascia B. La Chiesa Ortodossa scende in campo per punire, in una nazione dove mafia e corruzione tengono il passo della nostra solo per una questione di spazio, tre ragazzine impertinenti; datosi che riguardo la violazione di territori qualsiasi religione conosciuta non s'è mai fatta problemi ad invadere quelli di chi delle loro tonache non ne vuole sapere, mi chiedo come mai tanta veemenza. Ossia, lo so. 

So che le sorelle Pussy Riot hanno in qualche modo mandato un messaggio là dove escono i topi di fogna assetati del sangue del potere: è ora di uscire dal sottosuolo e dalle cantine delle città.
E dire che non veniamo in pace, che non siamo lì a trastullare gli i-pod dei bimbiminchia con canzoncine mongoloidi per mongoloidi, che siamo qui per dire che sono esseri putrefatti e che stiamo cantando il loro funerale, che vogliamo accompagnarli nella tomba col suono più sgradevole ed irritante che possano concepire.

Non c'è bisogno di un'industria discografica, c'è bisogno di mandare messaggi e quello delle Pussy Riot è quello che ognuno di noi potrebbe scontare la stessa sorte solo perché una merdosa zecca con una croce al collo si irrita.
Pisciamo sui loro altari e non saremmo comunque pari.
Questo dobbiamo cantare e cominciare a mandare il messaggio che queste ragazze sono solo l'inizio.

La sottolineatura che siano state delle ragazze di neanche trent'anni la lascio a chi si stupisce della cosa.





lunedì 6 agosto 2012

OUT OF THE BLUE INTO THE BLACK

Ad un certo punto arriva l'impasse.
Non che uno esaurisce le cose da dire ma ha l'impressione di dire sempre le stesse cose. O la stessa cosa. Da venirsi a noia da solo.
Così riparte per un'altra tangenziale piena di vicoli, sterrati, tornanti, saliscendi e curve a parabola per vedere se riesce almeno a sentirsi ancora utile a se stesso scrivendo, avendo sempre accolto con sincera quanto stupita curiosità il fatto che anche qualcun altro trovasse utile il contenuto di questo blog.
Succede che il senso di ostinata dedizione a trovare risposte, quale esse siano, comporta talvolta il comportarsi in modo strano e posso dire ultimamente di avere allegramente abusato dell'opzione.
Chiaramente we can change the world all togheter peace and love ma a mio parere siamo decisamente sulla traiettoria opposta, o sulla trattoria opposta e poco cambia.
In poco più di 7 mesi dall'allontanamento a calci in culo del Buffo Omino di Arcore e della sua schiera di tristi scherani/e da Palazzo Chigi siamo rimasti lo stesso coacervo di retroposti in nome di altre ineluttabili entità nel nome del quale si reprimono volontà popolari che sarebbero ben più condivise se una buona parte di umanità non avesse deciso di recitare la parte dei Bravi Cittadini del Mondo Nuovo o dell'ormai usurato scenario orwelliano senza che nessuno glielo abbia chiesto.
I cittadini che fanno la spia sono protetti dall'anonimato per legge, chi è pentito di mafia ha la scorta, chi sa scegliersi gli amici ha bisogno di nemici, l'Italia è un feudo dai pochi Signori e dai troppi vassalli e chi ha inventato la panzana che è la maggioranza a concedere di governare brucerà nel girone dei pallonari per l'eternità.
A un certo punto le parole non bastano più per descrivere l'oscura rassegnazione al Brutto-Nell-Anima che sta caratterizzando ciò che succede sul Patrio Lagrimato Suolo che si chiama Italia.
Purtroppo quello che meglio riesco a fare per andare oltre è suonare, o meglio, cantare.
E constatare che nei confronti di chi si azzarda ad intraprendere un simile percorso pende una discreta opera di costante criminalizzazione dalle più svariate componenti sociali, come in tutto l'alveo che comprende le manifestazioni dell'ingegno raccolte sotto il termine Arte.
Chiariamoci, non sto assolutamente parlando di contributi ed agevolazioni da parte di non richieste autorità.
Nè di spazi che i media, QUESTI media in particolare, dovrebbero concedere o garantire a determinate realtà artistiche.
E' probabile che il concetto stesso di Arte sia tuttora in evoluzione, soprattutto per colpa del solito, onnipresente "mercato" ma è in momenti come questi che mi sfugge come si possa dimenticare come sono stati e cosa l'ingegno umano abbia potuto sviluppare in questi campi prima dell'avvento delle civiltà industriali e del capitalismo. E quindi della televisione, lo strumento passivo per eccellenza e sul quale avrà scritto anche qualche sociologo esquimese improvvisato sul momento.
Ci sfugge che l'Arte e chi ne gode sono proprietà degli stessi due soggetti. Non di chi ti dice cosa deve piacerti. E attenzione che il passo è breve.
Chi ha le leve in mano ha tagliato negli ultimi anni risorse e contributi alla cultura e allo spettacolo in maniera selvaggia ma questo riguarda, oltre al mio lavoro, leggi e convenzioni.
Se mi chiudi i teatri e nei locali fai spegnere la musica a mezzanotte, ad esempio, ci vuoi tutti a casa.
Giovani e meno giovani.
I tentativi di proporsi in contesti autonomi significa andare incontro come minimo a disastri strutturali perché avere uno spazio anche microscopico per un laboratorio, per uno studio, per una sala prove, per un minimo di una qualsiasi attività si deve andare ad attaccare il Sacro Moloch del Patrimonio Immobiliare, che come sappiamo in Italia è gestito dalle mafie più zozze e delinquenziali nei confronti del Bene Pubblico.
Quindi si occupa. E quando si occupa non ti stendono precisamente un tappeto rosso.
E a queste legislazioni devono rispondere quelle che regolano le attività di locali e punti di aggregazione che in qualche modo promuovano messaggi relativi all'Arte. Nonché al ricatto di quell'Ordine Pubblico per cui quattro briai su una spalletta fanno "Movida" e polemiche alimentate soprattutto da politici locali, privilegiati e stampa cittadina.
E tutto ciò ha un suo pubblico, quelli che si adeguano.
O si divertono a fare petizioni, accorati appelli, servizi giornalistici e articolesse pseudiosociocoglionologiche.
L'ignoranza e l'abbrutimento fanno tuttora da ago della bilancia.
Chi legifera su arte e spettacoli non ha nessuna capacità, nessuna competenza e nessuna voglia che l'Italia continui a produrre Arte come ha fatto durante il resto della Storia dell'Uomo.
Altrimenti parliamo di come viene valorizzato il nostro Patrimonio Artistico e dell'ingegno.
Una volta tolti i diritti sul lavoro, una volta stuprata la Natura si vogliono mangiare anche l'Arte.
Le manifestazioni estive sembrano una concessione al popolo, quella di scendere per strada nel giorno della festa, non che invece dovrebbe essere la gente a riprendersi le strade, i luoghi, le piazze, i parchi e le passeggiate. E' tutta roba nostra.
Dicevo che non bastano più le parole.
Forse cominciare a comportarsi in modo strano può essere un punto di partenza.