"Il canto era già forte e il bosco così fitto che non riusciva a vedere a più di un metro di distanza, quando d'improvviso la musica cessò. Sentì un rumore di arbusti spezzati. Si diresse rapidamente in quella direzione, ma non vide nulla. Aveva quasi deciso di abbandonare la ricerca quando il canto ricominciò un pò più lontano. Di nuovo si diresse da quella parte; di nuovo chi cantava tacque e gli sfuggì; doveva essere più di un'ora che giocava a questa specie di nascondino, quando i suoi sforzi vennero ricompensati "
(....)
"Avanzando con cautela in direzione di uno di quei forti canti, attraverso i rami fioriti vide infine una forma nera. Fermandosi quando smetteva di cantare e avanzando di nuovo furtivo quando riattaccava, la inseguì per dieci minuti. Finalmente ebbe il cantore davanti agli occhi, ignaro di essere spiato. Stava seduto, eretto come un cane, ed era nero, liscio e brillante; le spalle arrivavano all'altezza della testa di Ransom; le zampe posteriori su cui poggiava erano come arboscelli, e gli zoccoli, sul terreno, ampi come quelli di un cammello. L'enorme ventre rotondo era biancoe sopra le spalle si innalzava, altissimo, come il collo di un cavallo. Da dove si trovava, Ransom vedeva la testa di profilo; la bocca aperta lanciava quella sorta di canto d'allegria , e il canto faceva vibrare quasi visibilmente la gola lucida. Guardò meravigliato quegli occhi umidi, le froge sensitive delle narici. In quel momento l'animale s'interruppe, lo vide e si allontanò, fermandosi tuttavia dopo pochi passi, ritto su tutte e quattro le zampe, non più piccolo di un giovane elefante, agitando una lunga coda pelosa.
Era la prima creatura di Perelandra che sembrasse mostrare un certo timore dell'uomo.
Ma non era paura.
Quando Ransom la chiamò si avvicinò. Gli mise il muso di velluto sulla mano e accettò il contatto; ma quasi immediatamente tornò ad allontanarsi.
Chinando il lungo collo, si fermò e appoggiò la testa fra le zampe.
Ransom vide che non ne avrebbe cavato nulla e quando alla fine l'animale scomparve alla vista, non lo inseguì.
Gli sarebbe sembrata un'ingiuria alla sua timidezza, alla sommessa soavità della sua espressione, al suo evidente desiderio di essere per sempre un suono, e solo un suono nel cuore più fitto di quei boschi inesplorati.
Ransom riprese il cammino qualche secondo dopo, il suono proruppe alle sue spalle più forte e più bello che mai, come un canto di gioia per la ritrovata libertà."
C.S. Lewis - Perelandra
da "Il libro degli esseri immaginari" a cura di Jorge Luis Borges
E così ho scoperto chi sono, o almeno come vorrei essere.
Lontano dai latrati che gli uomini di potere ci costringono ad ascoltare, lontano dall'ipocrisia di chi si avvicina per studiarti e all'occorrenza distruggerti, lontano dalla corsa folle di un'umanità in cerca di padroni e non di fratelli, lontano dall'aria irrespirabile, dall'acqua imputridita dagli scarichi delle coscienze sudicie, lontano dalla misura degli occhi senza cuore, da braccia tese per farti scivolare, da quello che è mio è mio e solo mio.
Steiner diceva che la nostra essenza è suono.
Cantare è il momento catartico per eccellenza quando tutto intorno sparisce per trasformarsi nel paesaggio che il suono della voce ha disegnato. Quando la voce esce forte, chiara ed il petto, il cuore, la gola e il cervello vibrano in un solo suono insieme a tutto quanto ci circonda, è allora che si può raggiungere la percezione di cosa sia la libertà.
E' il canto quello che vorrei fosse udito quando sono fuori per la strada, non la mia figura affatto dissimile a quella dell'animale di Lewis. Ed è il canto che vorrei fosse udito da questa pagina.
Vorrei estinguermi per essere suono.
Che sia la manifestazione della forma fisica il prezzo da pagare per le nostre azioni?
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