Di che dovrei parlare?
Di lavoro, non potrei fare altro in questo periodo.
Almeno per la stragrande maggioranza del mio tempo sono occupato a lavorare.
Perché fra poco la stagione teatrale termina e da luglio ad ottobre devo trovare qualcuno che mi offra da lavorare oppure farmi bastare quello che riuscirò a raggranellare in questo periodo.
C'è l'indennità di disoccupazione, che sono riuscito ad avere e che invece parecchi miei colleghi, specialmente quelli che lavorano nel cinema, si sono visti rifiutare grazie ad una sentenza della Cassazione che esclude tutti coloro che operano nello spettacolo con preparazione specifica valutando caso per caso a discrezione degli uffici INPS competenti.
Per avere notizie precise su quanto sentenziato abbiamo dovuto aspettare tre mesi.
Per quanto mi riguarda, nonostante abbia avuto la mia, come tutti gli anni, ho dovuto constatare che attorno a questa faccenda è stata fatta una discreta cortina di fumo, tanto che il sindacalista CGIL che assiste gli iscritti del teatro in cui lavoro è riuscito a darci delle notizie certe solo l'altro ieri.
Nel frattempo, tra un contratto e l'altro, ho lavorato con una troupe cinematografica.
Non vi dico quale.
Mi sono divertito, ma dopo due settimane morivo dalla voglia di tornare in teatro, cosa che appunto ho fatto lasciando gli ultimi giorni di lavoro ad un amico a cui era scaduto il contratto da interinale e se ne stava a casa a grattarsi i cosiddetti.
Il teatro è una casa.
Nonostante credo sia l'unico teatro in Italia dove tra i lavoratori di palco non c'è un solo contratto a tempo indeterminato e almeno i lavoratori della mia fascia non possono certo sopravvivere con il solo stipendio che riusciamo a percepire e che quindi dobbiamo cercare qualsiasi altra cosa fra un contratto e l'altro (di solito 15 giorni) per arrivare ad uno stipendio decente.
Il cinema paga appena meglio, si lavora qualche ora in più ma gli straordinari sono un tasto dolentissimo, soprattutto per chi deve farseli pagare.
I set si spostano anche di giorno in giorno ed i lavoratori che hanno la stessa denominazione di quelli teatrali (macchinisti, attrezzisti, scenografi ecc.) ma in realtà fanno tutt'altre cose.
Quando devo alzarmi la mattina per andare a lavorare in teatro non mi girano mai le palle, anzi se mi girano il fatto di entrare in quel posto me lo fa passare. Ho letteralmente dato la schiena per arrivare a questa condizione, ho dei colleghi fantastici ed un superiore che sarebbe il sogno di ogni sottoposto.
Anzi, dei superiori. Parlo del direttore tecnico e del responsabile del mio settore, servizi, allestimenti e logistica.
Ora sono in una posizione diciamo più tranquilla, sulla mia scheda le mansioni che svolgo sono chiamate "servizi complementari di palcoscenico", in realtà sono un aiuto-tutto mentre per gli allestimenti interni sono direttamente responsabile insieme al mio collega col quale ho iniziato a lavorare fin dall'inaugurazione del teatro. Poi capita di lavorare come aiuto macchinista o come aiuto elettricista o di svolgere mansioni per sartoria, trucco o qualsiasi altro di cui ci sia bisogno.
E se c'è bisogno si torna anche ai cari vecchi facchinaggi ed agli scarichi di bilici di grandi casse nere e scenografie più o meno imponenti.
In teatro ho imparato un pò di tutto, cose che addirittura mi sono tornate utili anche per lavori di casa, cioè un campo che in precedenza era per me tabù.
Eppure quando mi viene chiesto di tornare a dare una mano ai facchini sento quasi una scossa di orgoglio.
Ci sono ragazzini alla prima esperienza che non sanno prendere in mano neanche una cantinella, laureandi che vengono a sbriciolarsi per mettersi in tasca qualche soldo, ragazzi un pò più adulti che hanno perso il lavoro e cercano di sbarcare il lunario nell'attesa. E' il mondo di chi non si arrende e che non ha paura della fatica, di fare le 4 di mattina e di trovare lo stesso il tempo di ridere e scherzare anche se le braccia cascano a pezzi e sprizzano acido lattico. In questa stagione teatrale m'è toccata 4/5 volte.
In quelle precedenti fino a due anni fa mi toccava sempre. Ora magari mi capita di restare di servizio per coordinare i facchini delle ditte esterne.
In questo periodo inoltre stiamo traslocando il magazzino delle scenografie e dell'attrezzeria in un nuovo capannone e quindi siamo tutti letteralmente sbriciolati.
Dato che l'aria che tira è quella del "non c'è una lira" nei posti dove di solito si lavora in estate (estate pucciniana, Castello Pasquini di Castiglioncello, Effetto Venezia) c'è da mettere fieno in cascina ora e chissà se basta.
E, naturalmente, c'è il disco da terminare, che è quasi finito e dal quale abbiamo già tratto un video che da venerdì prossimo sarà disponibile in rete.
Non pretendiamo nulla se non divertirci lavorando, perché anche suonare in un gruppo comporta il lavorare, e duramente, su quello che fai.
Il blog del gruppo, comunque, è aggiornato puntualmente.
Una sola nota: quando la vita personale è piena di impegni e portata avanti con passione ed energia le imprese dei nostri politicanti appaiono ancora più meschine e miserabili.
Direi che con la considerazione in cui li tenevo già in precedenza è tutto dire.