venerdì 25 marzo 2011

CARITA' E RIVOLUZIONE

"Ricorrerò a San Paolo: nella prima lettera ai Corinti si legge questa stupenda frase (non tutto in San Paolo è stupendo, spesso parla in lui il prete, il fariseo): "Restano  fede, speranza e carità, queste tre cose; di tutte la migliore è la carità"
La carità - questa cosa misteriosa e trascurata - al contrario della fede e della speranza, tanto chiare e d'uso comune, è indispensabile alla fede ed alla speranza stesse. Infatti la carità è pensabile anche di per sé: la fede e la speranza sono impensabili senza la carità: e non solo impensabili , ma mostruose. Quelle del nazismo (e quindi di un intero popolo) erano fede e speranza senza carità. Lo stesso si dica per la Chiesa clericale."
(Pier Paolo Pasolini, Il Caos)

Non so in questa Italia governata da ladri ed assassini ci sia ancora spazio per cercare di recuperare un minimo di senso riguardo al termine "carità".
Non lo so e credo che giunti a questo punto non mi interessa più di tanto.
Certo è che se il termine è ancora preda dell'imprinting affibbiatole dalla Santa Romana Chiesa Cattolica Football Club siamo lontani anni luce dal comprenderne correttamente il significato.
C'è una interpretazione del termine da parte di alcune scuole buddiste giapponesi che a mio parere è la chiave di volta per riflettere su quanto siamo lontani dall'aver capito quale abissale differenza separa il nostro mondo occidentale ed evoluto dalla messa in pratica di questa cosa, come la definisce Pasolini, "misteriosa e trascurata".
La parola è "Jihi", composta da due caratteri, per l'appunto "Ji" e "Hi".
Il primo significa "togliere sofferenza", il secondo "dare gioia"; è la virtù fondamentale del bodhisattva, colui che dedica la propria vita agli altri per propagare la Legge; ma non mi addentro in questioni dottrinali perché voglio rimanere sul significato del termine, che è quello che mi interessa.

Nella nostra lingua e nell'interpretazione che i buddisti italiani ne hanno dato il termine diventa "Compassione", e per quel che gli italiani hanno identificato con quel termine nel linguaggio comune mi viene da dire che la traduzione è veramente pessima. Anzi, forse la peggiore possibile.

"Togliere sofferenza" vuol dire offrire gli strumenti per superare una condizione che crea profondo disagio interiore, "dare gioia" vuol dire aprire nell'altro una condizione per andare oltre la propria sofferenza costruendo uno stato vitale più alto.

Altro che "compassione".

Detto ciò trovo inappuntabile quanto il poeta di Casarsa scrive nella citazione riportata. Quello in cui viviamo è un mondo di fede e speranza senza carità.
Ed è un mondo mostruoso al quale l'unica a ribellarsi è la Natura, probabilmente avendo constatato l'inettitudine dell'uomo nel contrastare quanto i poteri hanno ormai stabilmente costruito.
In Italia la cosa è talmente sudicia, incancrenita e spudorata che probabilmente la Natura interviene solo per dare il segnale di quanto ci stiamo fottendo da soli con le nostre stesse mani; a fronte di un governo che deve avere quantità industriali di fede e speranza, ci troviamo a vivere una nemesi per cui dopo aver disseminato l'intero pianeta di "Pizzamandolinispaghettimafia" ora stiamo qui ad ascoltare dei babbuini in camicia verde strillare perché ci viene chiesto il conto, perché il fatto che il pianeta Terra è di tutti e che le loro patetiche bandierine son buone solo per ficcarsele in culo partendo dalla cima dell'asta, visto che il loro concetto di identitarismo parte da un presupposto abbastanza ridicolo, basti guardare le facce suine che si ritrovano, darle in pasto ad uno studente al primo anno di antropologia e concludere che la probabilità che la loro ROTFLrazza sia inconfutabilmente mescolata ad africani, sassoni, germanici e pecore della Val Brembana.

La carità non è ammassare disperati nei CIE ed andare a bombardare un dittatore al quale fino al giorno prima s'è leccato ogni orifizio. E non è nemmeno scendere per l'ennesima volta in piazza a scoreggiare nel simoun "contro la guerra". La carità è azione.
E questo, per quanto mi riguarda vuol dire che in una corretta accezione del termine i signori BerlusconiTremontiLaRussaMaroniPrestigiacomoCicchittoecc.ecc. vanno messi in condizione di avere PAURA.

Una paura lovecraftiana, verso non si sa cosa ma che sanno che prima che abbiano la percezione della sua vera identità li avrà colpiti ed affondati.
La paura che hanno cercato di instillarci per governare.
Ed è una paura che non sarebbe difficile cominciare a far provare loro tramite delle semplici azioni quotidiane, senza orario e senza bandiera (anche se i New Trolls non è che mi facciano impazzire).
Le azioni di chi non ha bisogno di una mentalità "movimentista" per fare una rivoluzione perchè la rivoluzione la fa partire ogni mattina davanti allo specchio del bagno. E la traduce in carità.
Quella vera che crea fede e speranza.

7 commenti:

brazzz ha detto...

post bellissimo..davvero...

Eva Aiko ha detto...

Sono orgogliosa di vivere nella regione che ha dato alla luce lui,l'unico Pasolini.
Post che toglie il fiato...

Anonimo ha detto...

La speranza è una menzogna creata dai potenti (MOnicelli)

Spazzolone ha detto...

Allora ricapitoliamo:
Carità: E'travisata
Speranza: E'una menzogna
Fede: E'un pappone!
Oh!se capiti c'hai un'altra bevuta pagata!

fracatz ha detto...

In un mondo che viaggia imperterrito verso il traguardo dei 10 miliardi di umani multi motorizzati e cellularizzati, si potrebbe cercare di diffondere caritatevolmente l'uso del preservativo o la sterilizzazione coatta

faustpatrone ha detto...

il termine compassione è giusto, siamo noi che ne abbiamo dato un'accezione distorta. comunemente si intende come compassione: provar pena per qualcuno dall'esterno e in modo epidermico. quando si vede morire un barbone si dice "poverino".

non è così: compatire viene dal latino "soffrire con" ossia soffrire insieme, soffrire come se la sofferenza fosse la stessa. più adatto sarebbe il termine empatia: provare le stesse emozioni e sensazioni.

io sono buddista ma l'unica cosa che non riesco ad accogliere è proprio la compassione. la ritengo - almeno verso gli esseri umani - impossibile. posso provarla per gli animali e i bambini, genericamente al di là delle mie frequentazioni - ma per gli uomini adulti ne provo assai poca. per cui non sono né empatico né compassionevole col prossimo (esclusi bambini fino ai 16 anni e animali).

ma il termine è corretto. e indica il sentire la sofferenza dell'altro egualmente.

Minerva ha detto...

Ma tu questo che avevo scritto il mese scorso l'avevi letto? Perché... voglio dire... Bacio :-D
http://metilparaben.blogspot.com/2011/02/minerva-e-il-concetto-di-guerriero.html