mercoledì 5 agosto 2009

GLI ESPORTATORI DI DEMOCRAZIA


Chi si ricorda il nome Blackwater?
Questo nome, già di per sè poco rassicurante, è quello dell'agenzia di mercenari sbarcata in Iraq a supporto delle truppe statunitesnsi.
Bene, sembra che il loro servizio alla Patria abbia sollevato qualche pesante dubbio anche negli U.S.A. e che un'inchiesta sia partita nei loro riguardi.

Dopo l'assassinio di centinaia di migliaia di civili chiunque non abbia gli occhi foderati di fesa di pollo ha capito che quella in Iraq è stata semplicemente una guerra di aggressione e che i risultati sono stati pessimi. La lotta al terrorismo è ancora agli inizi, l'Iraq è ancora una polveriera visto che le sacche di integralisti imperversano ora anche a Baghdad e dintorni, si è dovuto aprire anche il fronte afhgano, gli U.S.A. hanno semplicemente piantato le loro due basi in loco e la gente non ha ancora finito di vedere atrocità, perchè in una forma o nell'altra la guerra continua.

Figuriamoci però se qualcuno trascinerà i Bush, i Blair ed i Berlusconi davanti alla Corte dell'Aja per i crimini contro l'umanità. Noi siamo i buoni, abbiamo sempre ragione e andiamo dritti verso la gloria, come scriveva un allora ispirato Edoardo Bennato nella sua sardonica "In fila per tre".

Ad ogni modo mi accodo all'articolo di Mazzetta con la considerazione che quando gli assassini vogliono fare il loro lavoro di macellai non possono esimersi dal tirar fuori entità superiori.
Forse perchè sarebbe ancor meno credibile al popolo bue il fatto che simili massacri possano essere compiuti per ordine di ominicchi di merda come, appunto, lo sono i Bush, i Blair ed i Berlusconi.

martedì 4 agosto 2009

NON PIU' MANI INERMI


La lotta degli operai della INNSE sembra sarà un'apripista alla stagione che verrà.
Non so se qualcuno abbia creduto alle parole di Formigoni che aveva assicurato non molto tempo fa che non ci sarebbe stato nessun blitz estivo.
Di sicuro non chi conosce le facce di palta che governano questo paese.
E quindi ci risiamo: le ragioni di imprenditori speculatori vengono difese dalla Polizia a suon di manganellate date a padri di famiglia che non accettano di finire in mezzo a una strada, ad un'età in cui il mercato del lavoro li considera fuori gioco. Magari con pochi anni di contributi per raggiungere la pensione.
Ed i manganelli trovano ovviamente mani inermi e sindacalisti che invitano al dialogo, come Rinaldini che ha auspicato l'intervento di Sua Viagrante Oscenità Berlusconi, roba da piegarsi in due dal ridere se non fosse una cosa terribilmente seria.
Non sto neanche a chiedermi dove sia il PD in questa situazione, oltre a miagolare dalle agenzie di stampa l'appello a non usare la forza; se gli operai dell'INNSE contano sulla credibilità piddina si preparino ai carri armati ed ai reparti speciali.
Non so quale percentuale di dignità possa avere un poliziotto che alza un manganello su qualcuno disperato perchè sta perdendo il lavoro, la fabbrica, la fonte di sostentamento della propria famiglia: provo a pensarci e la domanda successiva è quale dignità può avere un poliziotto che entra in una scuola dove giovani, studenti, ragazzi e ragazzine stanno dormendo e li massacrano senza pietà continuando uno show osceno e ripugnante al chiuso delle proprie caserme. Mah, pensiamoci ancora su; mi chiedo allora che dignità può avere uno che irrompe dentro un ospedale dove sono radunati gli amici di un ragazzo che è appena stato ucciso ed iniziano una violentissima e completamente ingiustificata caccia all'uomo che coinvolge infermieri, malati e gente che era lì per altre cose; perchè questo è successo quando è stato ucciso Dax.
Poi penso che dignità possa avere un uomo che, insieme ad altri tre colleghi, pesta un ragazzo di nemmeno vent'anni fino ad ammazzarlo e magari non solo non sconta nessuna pena, ma si ritrova in servizio durante il G8 proprio dove stanno banchettando i potenti della terra.
Oppure che dignità può avere uno che, ben protetto dai suoi armamenti e gingilli da Servitore dello Stato picchia un anziano, o una donna come è successo ai NO TAV.
Ecco, a me in definitiva non me ne fotte niente se ci sia una Polizia o comunque un organo repressivo a disposizione dello Stato per gestire l'ordine pubblico.
Il Poliziotto si uccide dentro di sè, se ne rende inutile l'esistenza prendendo innanzitutto in considerazione il fatto che i terreni di scontro sono soprattutto la convinzione e la passione nel difendere le proprie idee, ma che la strategia è l'elemento fondamentale per realizzarle. Per questo diffido delle lotte armate. E per ora non esistono elementi che mi possano convincere del contrario.
Ma stiamo parlando di Polizia, e la Polizia è fatta di uomini. Ecco, c'è poco da dire con chi la sera torna a casa dopo aver fatto cose come quelle che ho descritto: proprio perchè la Polizia è fatta di uomini alla fine penso agli individui, e allora è agli individui che il mio pensiero fa riferimento: gente pagata dallo Stato, cioè da noi, e tra quella gente c'è chi fa di queste cose e magari si ritrova a cantare "Uno a Zero per noi" come in occasione dell'assassinio di Carlo Giuliani.

E' una questione di strategia: questi individui stanno costruendo una situazione per cui presto potrebbero non trovare più mani inermi: è già successo e qualcuno di loro c'ha lasciato la pelle; ho già detto che diffido delle lotte armate ma conosco i meccanismi di uno Stato quando vuole usare i mezzi della repressione e del controllo, e per mantenere al governo dei balordi come quelli attuali serve molta repressione e molto controllo, quello che serve dove non arriva l'Informazione.

Io ho un parente in Polizia, nemmeno troppo lontano. Non lo vedo da anni ma gli voglio bene e spero che sia un individuo che può guardarsi allo specchio fiero di sè e del suo lavoro senza essere quel tipo di persona di cui si cerca di stabilire il grado di dignità, arrivando alla conclusione che forse il segnale che stiamo diventando un popolo di vigliacchi ha radici molto vicine allo Stato.
Pure troppo.

ANCORA SULLA RU486


Ho trovato sul sito dell'Unità questo contributo di una donna che ha preso la famigerata RU486.
Lo riporto integralmente, tanto per chiarire che capire cosa significhi per una donna il negarsi una maternità è argomento che noi uomini non abbiamo assolutamente gli strumenti per comprendere. Ma anche noi possiamo scegliere: attestarci sulle posizioni dei sedicenti "difensori della Vita" che si attaccano all'embrione come ad un feticcio arrivando a disprezzare quelle forme di vita che embrione non sono ma anzi sono deputate dalla Natura a gestire col proprio corpo il corso della nascita, OPPURE sostenere nella sofferenza quelle donne che devono fare una scelta. Con amore, con rispetto e con forza. Affinchè possano vivere la maternità che sceglieranno di avere con gioia e consapevolezza.

Buona lettura:

La storia di E: «Ho abortito con la pillola Ru486»

di Eleonora Guerini

La teorizzazione della vita, di quella vissuta intendo, mi è sempre sembrata nefasta. Un uomo che parla di aborto è un ossimoro e un insulto all’intelligenza. Quella vera, che passa tra le maglie del sentire. Un uomo che crede di poter stabilire cosa è giusto e cosa non lo è parlando di aborto è un uomo che vive nella presunzione di sapere ciò che invece solo la compassione, che richiede il tentativo di comprendere e non di giudicare, permette. Un uomo che conduce una guerra. Una guerra definita culturale contro l’aborto e che invece è la guerra dell’uomo contro la donna, contro la libertà di poter scegliere. Contro la maternità come scelta d’amore e non come imposizione culturale.

«Il piacere sessuale scardinato da qualunque amore» di cui parla Ferrara sul Foglio di ieri mi sembra, oltre che una banale adesione al più misero dei moralismi, qualcosa che ha storicamente più a che fare con gli uomini che con le donne. Essendo un maschio, «il godimento libertino» di cui scrive non ha certo quell’accento così violentemente accusatorio che tocca a noi femmine, in fondo un po’ puttane.

Ho 36 anni, vivo a Roma, e tre anni fa, nel marzo del 2006, ho abortito utilizzando la RU486. Ho avuto il mio primo rapporto sessuale a 16 anni. Fino a 25 anni, quando con il mio compagno abbiamo deciso di avere un figlio, ho fatto molto l’amore, a volte per amore, a volte per piacere, convinta che il piacere debba far parte della nostra vita. Non sono rimasta incinta prima perché sono responsabile e ho sempre usato la pillola. Fino a quando, per problemi ormonali, non ho più potuto. Dopo un calvario che mi ha costretta a sperimentare diversi metodi anticoncezionali sono approdata al meno invasivo, per niente sicuro, ma tanto caldeggiato dalla Chiesa, «Persona». Sono rimasta incinta.

Avevo 33 anni. E per quanto amassi l’uomo con cui avevo una relazione non pensavo che avere un secondo figlio con lui fosse una cosa giusta. Perché non basta l’amore tra due persone per fare un figlio. Perché un figlio è una scelta di vita, una scelta d’amore. Condivisa e voluta. Perché con un figlio la tua vita cambia e il cambiamento deve essere sorretto da una decisione ferma, consapevole, d’amore. Non dalla retorica del diritto alla vita. Perché senza amore poi non è vita. Perché la maternità è una condizione totalizzante che non può essere il frutto di uno sbaglio. Ma l’essere umano, non certo Ferrara, sbaglia. E di fronte allo sbaglio bisogna avere la forza e il coraggio di prendere una decisione che tenga conto di tutti i fattori.

Si può amare un uomo e pensare che non sarebbe il padre che vorresti per i tuoi figli. E si può decidere che un figlio, con quell’uomo, non lo si vuole avere. Così è stato per me. Quando ho capito di essere incinta ero alla quinta settimana. Un amico di Torino mi suggerì di telefonare a Viale, alle Molinette di Torino, dove era in corso la sperimentazione sulla Ru486. Gli raccontai l’accaduto, gli dissi che un figlio frutto di «Persona» non lo volevo, che non volevo soffrire più a lungo, inutilmente, che pensavo di avere diritto alla vita. La mia di vita. Che non potevo sopportare l’idea di vomitare per due mesi senza una giusta ragione. Che non volevo odiare il mio compagno, responsabile quanto me eppure non interessato, nei fatti, praticamente, dalle conseguenze.

Mi ascoltò. Mi disse «prenda il primo aereo. Vediamo di quante settimane è». Presi l’aereo il giorno dopo. Ero nei tempi e Viale accettò una richiesta che mi resi conto si sommava a tante, tantissime altre. Quell’uomo capì il mio dolore e decise di aiutarmi a soffrire di meno. Di certo non a non soffrire perché abortire è una sofferenza. Ma fece sì che la mia sofferenza non si prolungasse per altre settimane, inutilmente. Tornai a Roma il giorno dopo e la settimana successiva di nuovo ero a Torino.

Arrivai prestissimo alle Molinette, mi diedero una pastiglia, mi chiesero se preferissi restare per la notte in ospedale. Firmai per uscire. Poco distante mi aspettava una casa amica dove passare quelle ore infernali. E diversi numeri di telefono da chiamare per eventuali complicazioni. Non ci furono complicazioni. Non ce n’è quasi mai, di certo non più che in un aborto chirurgico. Ma non è stata una passeggiata. Un senso di greve malessere, una nausea incalzante, un mal di testa incessante, implacabile. Se bisognava pagare per aver scelto di non fare nascere un bambino non voluto io dico che ho pagato il giusto.

Il giorno dopo sono tornata in ospedale. Mi è stata data un’altra pillola e mi hanno messo a letto. Dopo qualche ora tutto era finito. Per un attimo mi è sembrato che anche l’Italia fosse un paese civile. Ma è stato breve. Di civile lì c’erano Viale e la sua equipe, accolti da una città laica che ogni tanto ricorda di avere un’anima sabauda. Sono tornata a Torino altre due volte, per i controlli, uno dei quali obbligatori, che la procedura prevede. Non è stata una passeggiata, mi sono accorta di tutto quello che accadeva e non è stato per niente piacevole. Ma sono contenta di averlo fatto e di averlo fatto lì, sostenuta da intelligenza e competenza. E da vera compassione.

04 agosto 2009

domenica 2 agosto 2009

CHI E' FUORI


Naturalmente il Vaticano ha armato le sue truppe e si è lanciato a testuggine contro l'utilizzo della RU486, cosa che non ha certamente lasciato impreparati i promotori nè i sostenitori del farmaco.
Credo sia necessario fare una doverosa premessa: per quella schiera di uomini per i quali esiste una morale anche in campo sessuale voglio sperare che sia clamorosamente ovvia l'utilità e la necessità di uno strumento di controllo che permetta sia all'uomo che alla donna di scegliere un concepimento libero e consapevole: è la prima miglior garanzia che la coppia può dare al futuro nascituro. E soprattutto è la prima e miglior garanzia che la futura madre può dare a se stessa, al suo compagno ed al rapporto della coppia.
Gli strumenti di controllo conosciuti, e chiamati specificamente anticoncezionali, sono vari e ampiamente conosciuti e naturalmente tutti condannati dalla Santa Romana Chiesa Football Club.
Dal salto della quaglia alla pillola al preservativo alla spirale alla crema spermicida, senza distinzioni di modalità.
D'altra parte ci si aspetterebbe che in una società civile chiunque non si riconosca come cattolico e, ad esempio, visto che la Natura ci ha dotato di tutti gli strumenti per far sì che ogni scopata non si risolva con una fecondazione e che la gestione ed il controllo del prodotto delle copule sia possibile (ho detto possibile, eh) sia da parte dell'uomo della donna perchè l'evoluzione della conoscenza umana ci ha portato ad avere degli strumenti adatti a raggiungere la condizione più alta possibile di consapevolezza e di libertà di scelta in ambito sociale, il ricorso alla RU486 sia quantomeno un diritto inalienabile.
I preservativi si rompono, ad esempio.
Lo so perchè è successo anche a me, quelle rarissime volte in cui ne ho fatto uso.
Fortuna ha voluto che io abbia controllato durante il rapporto la tenuta del preservativo e me ne sia accorto prima di combinare danni. Ma non mi risulta che questa sia una pratica molto usata. Nel senso che la maggior parte degli uomini va a diritto e se ne accorge solo dopo.
Non è che devo star qui a ricordare il potere di cui dispone l'uomo sulla donna quando ha un rapporto sessuale, e soprattutto chi sia invece a pagarne le conseguenze più dure in caso l'uomo non abbia la buona creanza di non stare attento nella dovuta misura.
Non conosco nessuna donna che abbia abortito che ricordi la cosa come un piacere, se non con quello dello scampato pericolo di doversi ritrovare a crescere un figlio avuto da una persona con cui l'ultima cosa al mondo che desidera condividere sia proprio l'esperienza della maternità.
Quella della maternità desiderata e consapevole è un punto sul quale dovremmo riflettere tutti; è un punto che può essere un enorme mezzo di miglioramento della nostra società e del nostro vivere comune; è un mezzo grazie al quale si può andare oltre quell'egoismo soprattutto maschile per cui si toglie alla donna una fetta fondamentale della gioia di essere madre. E soprattutto può essere un mezzo per dimostrare la più alta forma di amore.
Scegliere in due. Con tutto quello che di buono ne consegue.
Ora, che un concepimento non desiderato può invece essere una tragedia ben al di là del solo fatto del concepimento è un dato di fatto che soprattutto moltissime donne non avranno difficoltà a confermare. Si può discutere sull'etica comportamentale, che comunque le donne pagano sempre e comunque di persona e fino in fondo perchè questa società è stata strutturata nei secoli a misura d'uomo e solo d'uomo.
Sotto lo sguardo vigile ed inflessibile dei vari capi religiosi, naturalmente.
Ecco, ci siamo.
Questa epoca è un passaggio nel quale gli individui hanno iniziato ad affrancarsi dall'influenza dei poteri religiosi, dandosi leggi che hanno iniziato un percorso di liberazione e di consapevolezza dell'individuo rispetto al proprio corpo; il prossimo passo dovrebbe essere quello della consapevolezza del fatto che anche gli altri corpi meritano rispetto. Che il nostro desiderio, quando ha bisogno di una controparte, deve essere condiviso. Anche nelle cosiddette perversioni, che poi perversioni non sono perchè sono semplicemente un'altra prospettiva ed un'altra manifestazione del desiderio. E quando alla fine di un rapporto una persona non si sente umiliata, usata, annullata, violata, significa che qualsiasi sia stata la natura del rapporto questo rispetto c'è stato.
Non essere cattolici è un ottimo punto di partenza. Innanzitutto significa non essere degli ipocriti.
Quell'ipocrisia che vediamo quotidianamente, ad esempio, esemplificata nel comportamento delle tonache vaticane davanti allo spettacolo di quella casa di tolleranza che sono le stanze dei potenti. L'articolo del quotidiano della CEI nel quale i capataz cattolici si autoassolvono riguardo il silenzio da loro convenientemente usato nei confronti del troiaio messo su da Berlusconi & c. non è solo ridicolo: è umiliante per la razza umana. Mi rifiuto di riconoscermi in una specie capace di tanta ipocrisia schifosa. E mi rifiuto di riconoscermi in una specie che si permette di dettare regole comportamentali in materia di sesso quando le loro vittime preferite sono i bambini e che il loro affanno per proteggerne i carnefici sia seconda sola all'astio col quale trattano le donne in materia di libertà di scelta.
Il marchio con cui hanno segnato intere generazioni nei secoli è quanto di più aberrante e contronatura sia dato di conoscere; e chi scrive è una persona che ha comunque un altissimo concetto del termine "famiglia", di quella microcomunità che dovrebbe essere alla base della società. E per realizzarla ho scelto di non seguire i dettami della Chiesa, ma quelli dell'amore.
L'amore che la mia compagna merita e che porta ad una libera scelta dei tempi e dei modi coi quali costruire il futuro. Perchè i mezzi per realizzare questo tipo di scelta ci sono, ed abbiamo intenzione, se necessario, di usarli.

E qui voglio dedicare due righe a chi si proclama medico obiettore; che in un contesto normale sarebbe già di per sè un ossimoro.
Spero solo di non dover mai avere a che fare con uno di loro. Questi infami che per convenienza pensano di decidere secondo leggi che solo loro decidono di seguire e che non rappresentano nessuno se non quei "quattro gatti" che pretendono di seguirle (ma più spesso pretendono che a seguirle siano soprattutto gli altri) per quanto mi riguarda sono un cancro civile. E non esiterei a sbattergli la cosa in faccia e, conoscendo il mio temperamento, senza guantini bianchi.
In un paese civile non dovrebbe esser loro permesso di esercitare la professione se non in cliniche private da loro gestite. Quindi fuori dalle palle del sistema sanitario nazionale. E non faccio riferimento per pietà (quella che loro alla fine non hanno ma di cui straparlano senza ritegno) agli obiettori per convenienza, quelli che oltre ad esercitare nel pubblico hanno il loro spazio privato dove certe obiezioni spariscono misteriosamente. Questi sono i cattolici.
Questi sono quelli che devono stare FUORI.
Dalla convivenza civile che può renderci tutti individui migliori, perchè la loro verità è l'inganno del potere, incancrenita da secoli di assassini, torture, di esercizio di un potere cieco e crudele, di demonizzazione delle donne, di ipocrita convenienza.
Vogliono scomunicare chi fa ricorso alla RU486.
Facciamo in modo che sappiano quanto ne andremo orgogliosi, quanto essi siano già da noi scomunicati ed indegni di far parte della comunità civile, che i nostri valori non hanno niente da invidiare alla loro verità; prendiamo i loro anatemi come un'occasione in più per migliorare ancora noi stessi ed essere più felici, più rispettosi verso gli altri che, come noi, si guadagnano i propri spicchi di felicità giorno per giorno: il loro mondo di odio, di persecuzioni e di discriminazione lo abbiamo visto nei secoli e lo vediamo tuttora.
C'è un mondo nuovo che può essere costruito, però.
Chiudo con una storia, emblematica e illuminante, più diffusa di quanto si potrebbe mai immaginare ma che non leggerete mai sulle cronache.
A meno che le due infermiere obiettrici non capitino in mani sbagliate. Ad esempio le mie.
Il blog da cui è tratto è http://www.cabaretbisanzio.com/


Scomunicate chi si lascia scomunicare

di Micol

pillola_abortivaSono ricorsa alla pillola del giorno dopo che avevo circa vent’anni e per l’uomo con cui avevo fatto sesso non provavo nulla. Sì, nel senso, provavo le solite cose che si provano verso un uomo che non ami: attrazione e un letto. Perdonatemi se levo tutte le romanticherie melense prima e non vi racconto un’altra storia, è una questione di onestà.
Non sono cattolica, ho trent’anni e tutto sommato una sessualità nella norma. Niente di trascendentale, lo so perché tra donne si parla e ci si confronta. Il sesso non è mai stata una priorità nella mia vita e benché a tratti viva come una diciassettenne, generalmente non salto addosso al primo che capita né mi faccio saltare addosso dal primo che capita.
Se avete da blaterare, non leggete, facciamo così.
Per lui non provavo nulla, dicevo. Finché avevo provato eccome: una rabbia feroce e una paura annichilente. Capita, per l’imperizia di altri, che succedano quelle cose fantomatiche cui non crede nessuno ma che succedono continuamente, tipo che il preservativo si rompa (sempre per imperizia di altri, ci tengo a precisarlo).
Io ero rimasta come annebbiata per tre secondi al massimo, perché poi ho il risveglio del guerriero masai, sono lucida e risoluta in tempi brevissimi. Ho detto solo: vado all’ospedale.
Ho pensato: io vado. Lui faccia un po’ quello che vuole. Ha pure combinato questo casino, lo odio, forse è meglio che mi stia alla larga, ho una lunga serie di improperi che non gli ho ancora verbalizzato.
Ero salita su un autobus al volo in direzione ospedale maggiore di una città dell’Emilia e lui mi aveva seguita con la faccia contrita. E vorrei vedere (per il contrita, non per l’inseguimento).
All’ospedale avevo aspettato a lungo, mi era toccato anche dire nel microfono dell’accettazione: vorrei vedere un ginecologo. Avevo sfogliato un giornale sulla prevenzione del cancro mentre lui, l’incauto, cercava di prendermi la mano e biascicava mille scuse.
Poi finalmente mi avevano chiamata. Lui aveva detto ‘vengo anche io?’, io nemmeno avevo risposto. Ero entrata in una saletta completamente bianca, la ginecologa mi aveva fatta mettere sul lettino con le gambe sollevate una a destra e una a sinistra, aveva fatto un controllo non si sa di che mentre io le spiegavo che il preservativo si era rotto e altre amenità.
Poi, finito lo strazio della visita, s’era tolta i guanti e aveva detto ‘allora ci vediamo fra 15 giorni’.
Io avevo pensato: mi sta prendendo in giro.
Mi ero riordinata e nel mentre avevo detto ’scusi, la pillola del giorno dopo non me la prescrive?’.
Lei si era scambiata uno sguardo liquido con un’infermiera gigante che compilava il mio ticket sanitario e aveva detto ‘ci risiamo. Sono un medico obiettore, non prescrivo la pillola del giorno dopo’. Che poi, all’epoca, la pillola del giorno dopo era solo un numero imprecisato di pillole anticoncezionali normali. Una botta pazzesca di ormoni che ti distruggeva di nausea. Avevo detto sbigottita ‘mi può chiamare un suo collega non obiettore?’ e lei aveva detto ‘oggi non ce ne sono di turno, forse domani’.
Domani. Domani potrei essere incinta e non voglio essere incinta.
‘Scusi, ma come faccio?’ avevo sussurrato completamente atterrita.
‘Beh, signorina, a che punto è del ciclo?’. Due semplici calcoli, poi sorridendo aveva detto ‘Non si preoccupi, ha il 75% di probabilità di non essere incinta’. Avevo fatto due rapidi calcoli (che è noto quanto io sia rapida a fare). ‘Sta dicendo che una donna su quattro rimane incinta. Non mi sembra una statistica tranquillizzante’. A quel punto aveva parlato l’infermiera gigantesca, una specie di elefantessa con gli occhi acquosi. ‘Ragazzina, sulla Bibbia non c’è scritto che esiste la pillola del giorno dopo. L’uomo non può fare nulla, è Dio che decide’.
E qui devo fare un piccolo inciso e scusatemi perché su ’sto post sono un po’ lunga. Io sono tanto buona e cara e se sono spaventata divento fragile come tutti gli esseri umani, ma i soprusi non li tollero. Potrei tirar su una congrega di rivoluzionari se assisto a un sopruso o lo subisco. Per esempio alcuni anni fa, in spiaggia, dopo una violentissima lite con due stronzi che col motoscafo acceso se ne stavano a scorrazzare praticamente sul bagnasciuga, in mezzo alla gente, in mezzo ai bambini, m’ero incazzata così tanto che la mia giugulare si era vista pulsare a metri di distanza, mentre i miei amici mi guardavano spaventati e cercavano di tenermi. Io ero pronta a prendere a mazzate i motoscafisti, per dire. Ma poi banalmente avevo chiamato tutti i numeri delle forze dell’ordine che conoscevo e quegli stronzi maledetti, una volta arrivata la guardia costiera, i carabinieri e la guardia forestale (perché oltretutto eravamo in una riserva naturale), s’erano presi una multa della madonna mentre io ancora urlavo. Tant’è che fra un po’ mi portavano pure via.
Quell’infermiera, insomma, mi aveva dato le stesse emozioni, uguali uguali.
Avevo pensato: a questa qui fra due minuti faccio un reclamo all’ufficio per i diritti del malato che non finisce più e le rispondo anche, ma se fossi stata una sedicenne? una straniera? una che ha subìto al posto che desiderato? Se fossi stata una ragazzina, davvero? Se non avessi avuto gli strumenti culturali che mi fanno esser certa dei miei diritti? Se la mia prima parola, da bambina, non fosse stata NO?
‘Ragazzina, sulla Bibbia non c’è scritto che esiste la pillola del giorno dopo. L’uomo non può fare nulla, è Dio che decide’.
‘Signora, lei va in bicicletta? Lo sa che il suo Dio non è contento, di questo? Lo sa che la manderà all’inferno perché né nell’Antico né nel Nuovo Testamento si parla di biciclette?’
Avevo sbattuto la porta, uscendo senza salutare. Quello delle biciclette, in Emilia, è un colpo basso.
Poi sapevo che le ore erano preziose, che prima proteggi il tuo corpo da quel che non desideri, più possibilità hai che non ti accada nulla. Quindi mi ero diretta fulminea verso l’ufficio diritti del malato, avevo dettagliatamente sporto la mia denuncia e me n’ero andata.
Lui, quello, mi stava attaccato alle caviglie e blaterava ancora cose come ‘ma se aspettiamo un bambino non è un dramma’. M’ero voltata di scatto e avevo detto una cosa che poi, a posteriori, mi è dispiaciuto di aver detto. Di cui ho chiesto scusa, tempo dopo. Ma lo potete intuire anche ora che sono passati circa dieci anni, quanto fossi arrabbiata e spaventata.
Avevo preso un treno per Como, per la mia città, per il mio ospedale preferito, dove c’è la mia ginecologa che non è obiettrice e va in bicicletta senza percepirsi come una peccatrice e che non mi aveva fatta sentire, come nell’ospedale emiliano, sporca o puttana o punibile o qualunque altra cosa ignobile. La mia ginecologa aveva visto solo una donna terrorizzata e aveva saputo essere un medico e aiutarla. E ho avuto fortuna, una fortuna sfacciata.
Ora, ora che danno la possibilità alle donne di preservare il loro corpo, ora che danno alle donne la possibilità di scegliere senza un’anestesia totale e diversi bisturi, ecco, ora mi chiedo se ci saranno ancora altri ginecologi che faranno provare quello che ho subìto io ad altre donne. Se continueranno a usare le parole per tutelare le proprie personalissime scelte. Quanti saranno i medici scorretti e disumani. Se infieriranno su altre donne forti di posizioni nemmeno riconosciute dalla legge.
Io spero di no. Lo spero davvero. Perché a me non è bastata la letterina della dottoressa e nemmeno quella dell’infermiera che richiamate dalla sezione disciplinare dell’ospedale mi chiedevano scusa per i toni ma non per i contenuti.
Quella letterina me la sono dovuta far bastare (e il ticket col cazzo che l’ho pagato).
E adesso che il cattolico globo terracqueo organizza sommosse perché la Ru486, cioè la pillola abortiva, è finalmente a disposizione delle donne, penso: scomunicatemi pure per quel che ho fatto e rifarei mille volte trovandomi nella medesima condizione.
Scomunicate le donne che hanno paura, quelle che non desiderano un figlio, quelle che sono state incaute o sfortunato o anche cretine. Scomunicate chi volete, soprattutto chi si lascia scomunicare da voi. Scomunicate pure, voi che pensate sia meglio e più cristiano squarciarmi la pancia, perché per la vostra religione mi merito di esser punita.
Tanto sceglierò per sempre dei medici veri, che hanno a cuore il mio corpo.

giovedì 30 luglio 2009

THE FLESHTONES




Chi ha avuto la fortuna di vedere un loro concerto in occasione delle loro frequenti scorribande in Italia sa benissimo che questa band in 35 anni di carriera ha devotamente prodigato un solo ed unico verbo, quello del rock'n roll, e lo ha sempre fatto con una energia ed una passione esplosive, tanto che seguire un loro concerto stando fermi è praticamente impossibile, come è impossibile non farsi trascinare dal torrenziale entusiasmo del cantante Peter Zaremba e dai riff della chitarra di Keith Streng. I Fleshtones portano dritti in quel vortice in cui ci si va a ficcare quando siamo ad un party e si finisce col ballare nei modi più strani, a corpo libero, miscelando la potenza del rock'n roll col tiro del rhytm and blues. Inutile opporre resistenza; se non li avete ancora visti dal vivo non perdete la prossima occasione.

martedì 28 luglio 2009

E ALLORA VOTANO LEGA


Tra le ultime barbarie partorite da questo governo siamo lieti di segnalare quella per cui dall'8 agosto sarà impossibile per una coppia di clandestini riconoscere un bambino appena nato e partorito. Della serie: la famiglia prima di tutto.
Dopo l'impossibilità di accedere all'assistenza medica pena la denuncia, ecco un'altra delle geniali intuizioni di questo governo che dovrebbe servire da deterrente contro l'immigrazione clandestina.

Ora, che il governo sia presieduto da un vecchio puttaniere molto probabilmente sotto ricatto da parte di una congrega di scimmie urlatrici (i leghisti, ça va sans dir), mentre nel suo partito insieme alle troie di regime fanno il paio dei bellissimi esemplari di Homo Mafiosus (perchè Mercadante ha già fatto il suo lavoro, ma i suoi successori sono ovviamente sempre in giro, ora qualcuno può anche spiegarmi con parole sue che quel 61 su 61 in Sicilia ottenuto dalla destra era il frutto del carisma di Berlusconi, son qui che aspetto) fa parte del gioco delle tre carte grazie al quale all'italiano medio si dovrebbere dar da intendere che, così come urlano i macachi leghisti, il baluardo contro l'islamizzazione avanzante sono i valori cristiani.

E li vediamo, i loro valori cristiani.
Quelli di un popolo che è emigrato in ogni parte della terra, spesso portando truffatori, delinquenti e malavitosi oltre che lavoratori indefessi (e quando mai un fenomeno migratorio non comprende questo?), e che ora vorrebbe negare a chi cerca di fuggire da paesi dove la vita è un vero e proprio inferno le cure primarie e persino il riconoscimento del frutto di una coppia.

Vorrei che ci si fermasse tutti almeno per 5 minuti per riflettere su cosa comporti tutto questo.
E vorrei che ci si fermasse un attimo altri 5 minuti per capire che cosa, dopo la fine della guerra fredda, ci abbia fatto diventare un popolo di merda a questi livelli.
Perchè chi vota Lega sa benissimo quali intenzioni avessero i cercopitechi in camicia verde riguardo i "clandestini", che sono in buona parte anche muratori, badanti, facchini, braccianti e tutto un sottobosco di lavoratori che sta permettendo a noi italiani di sperare di togliere le gambe da questa crisi senza ridurci come loro, perchè mentre questa gente schianta per due lire i nostri bambocci sono troppo presi nel cercare di emulare le gesta di Papi, e quelli che non stanno al gioco devono evitare le botte e la repressione poliziesca come i ragazzi messi dentro durante il G8 universitario a Torino.

I valori cristiani con cui dovremmo fermare l'invasione islamica sarebbero dunque questi.
Sfruttare e perseguitare, dividere le madri ed i padri dai loro figli legittimi, negare cure mediche ed ogni forma di assistenza sanitaria, ghettizzare, escludere, negare la natura umana di persone che grazie anche alla lungimirante politica occidentale nei paesi del terzo e quarto mondo sono impossibilitate a sapere quale sia il minimo concetto di dignità della vita.

C'è questa branca di soloni che straparlano di "capire le ragioni degli operai che votano Lega".
Bene, le ho capite.
Ho capito che una classe di persone che in Italia si era conquistata diritti e dignità con la lotta e la solidarietà ora si dibatte con una buona parte di loro che si vede minacciata non già da una politica governativa tesa a togliere tutti i diritti conquistati dai lavoratori per favorire le grandi imprese a loro legate da consorterie affatto limpide, ma da quei disperati che, la storia insegna, da sempre contribuiscono al benessere di una nazione pagando il prezzo più alto e col minor guadagno. E allora votano Lega. Perchè con la Lega gli extracomunitari saranno trattati da "bestie quali sono" e rimandati a casa loro, così le industrie non delocalizzeranno più, in Italia ci sarà un sitema giudiziario che finalmente avrà come caposaldo la certezza della pena, le strade saranno percorse solo da ronde in divisa paramilitare e così loro, gli operai che votano Lega, potranno dormire tranquillamente fino al mattino dopo in attesa che si sblocchi l'ennesima cassa integrazione.

E' vero. Non ci vuole molto a capire le istanze degli operai che votano Lega.

E ora che ho capito le loro ragioni mi fanno ancora più schifo.

lunedì 27 luglio 2009

LE RONDE, LE CONTRORONDE E L'ELOGIO DELLA PUNTUALITA'


Non credo sia ancora chiaro a chi ha intenzione di pattugliare le città vestito da parasoldatino cosa lo aspetta.
L'episodio di Massa ha chiarito una cosa sola: le divise, quelle vere, tengono per una parte: dichiaratamente e sfacciatamente.
Poco male: la conta degli scontri tra le ronde massesi della SSS (sì, se le sono crecate, naturalmente) e quelli del CARC è di 5 feriti tra i poliziotti e di 4 fermati per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, due dei quali sono già stati rilasciati stamani mentre degli altri due, uno è stato visitato in Ospedale per accertamenti dopo reiterate insistenze dei suoi compagni dato che la dottoressa dell'ambulanza che era stata chiamata aveva tentato di negare il ricovero e l'altro viene trattenuto in stato di fermo senza che la Questura si degni di rilasciare notizie.
Quelle forze dell'ordine pubbliche, pagate dai contribuenti, e che cantavano "Uno a Zero per noi" quando fu ucciso Carlo Giuliani hanno definitivamente gettato la maschera, specie sotto questo governo.
D'altra parte allo zelo delle Questure nel controllare e schedare gli appartenenti più o meno esagitati ad organizzazioni extraparlamentari della sinistra non corrisponde altrettanta attenzione verso le attività delle sponde contrapposte, se non per correre in loro difesa quando, a fronte delle oltre 300 aggressioni fasciste avvenute dal 2008 ad ora, qualche compagno decide che è ora di far sentire a costoro un pò di violenza proletaria solubile, visto che il corpo dello Stato che anche i militanti di sinistra pagano per il mantenimento dell'ordine pubblico è discretamente corredato da una manica di fascisti. E non è precisamente una novità.
Gli scontri di Massa, comunque, hanno dato il primo campanello d'allarme; certo non si poteva sperare da parte del governo che legalizzando le ronde non si sarebbero verificati episodi del genere ma la puntualità con la quale gli incidenti si sono verificati dovrebbe almeno portare un minimo di consiglio a chi ha avuto questa geniale trovata, parlando però di una condizione che presupporrebbe da parte dei sedicenti legalizzatori un QI superiore a 2, quindi dubito che il fatto venga preso nella dovuta considerazione.
Personalmente NON VOGLIO nella mia città delle teste a ginocchio vestiti da gerarca che passeggiano in giro e prendono nota di quello che gli garba o non gli garba e con tutta probabilità vanno poi a fare la spia in Questura. E se dico che non le voglio vuol dire che quando si tratta di controllo del territorio si scende in campo sul serio.
Perchè quello che vogliono, ovviamente, è presidiare le zone sensibili delle città in modo da dare a vedere di essere LORO quelli che comandano. E' una tattica vecchia, se vogliamo anche obsoleta.
Ma non è alle controronde che bisognerebbe far ricorso; quello che è da fare è schiodare il culo dalle poltrone e riscendere in strada, incontrare gli altri cittadini del quartiere, stare fuori con anziani e bambini, e le autorità cittadine dovrebbero fare ogni sforzo affinchè questo avvenga; altrimenti succedono cose tipo quella successa nel quartiere Sant'Andrea, zona a più larga densità di extracomunitari e stranieri disagiati in genere della città di Livorno, dove i cittadini che hanno cercato di porre le loro problematiche a livello istituzionale si sono prima ritrovati ad una conferenza stampa della consigliera Amadio, poi ad una "passeggiata" che ha visto arrivare alla sua testa la stessa Amadio, l'ex-candidato sindaco Taradash ed il parroco di Sant'Andrea, Don Medori.
Spezzare le gambe allo sciacallaggio che sul tema della "sicurezza" sta permettendo ai fascisti al governo, ai suoi soldatini ed ai suoi sgherri in divisa di avanzare pretese sul controllo dei territori di quartiere sta ai cittadini stessi. Non è difficile da capire che se la propria vita viene rinchiusa tra i 40mq degli appartamentini delle zone popolari i quartieri vanno tranquillamente in mano a chi non fa niente per viverli socialmente al di fuori della propria tribù, con tutto il contorno di conflitto che questo comporta. E se spuntano poi tribù di quelle "ora metto a posto io", come le preannuciate ronde promosse dal governo è altrettanto ovvio che i risultati saranno quelli peggiori che un cittadino possa auspicare.

AGGIORNAMENTO: i due fermati sono stati rilasciati, e ci sono prove filmate con braccia tese e cori del ventennio per cui la Polizia deve procedere e visionare in caso sussista il reato di apologia del fascismo. In tutto ciò si spera che il clima appena creato sia quanto basta per far desistere certe iniziative. Anche se dal governo, ovviamente, arriva la solita risposta demenziale.

mercoledì 22 luglio 2009

CON QUELLA FACCIA? MA MI FACCI IL PIACERE! SIA DUTTILE!


E guardatelo bene, per favore.
Quest'uomo è lo stesso che è andato in televisione a dire che il rapporto tra Berlusconi e Noemi Letizia è improntato alla "purezza" e che il suo Signore e Padrone non doveva spiegazioni riguardo a nulla e nessuno sui suoi comportamenti.
Questo ovviamente prima che spuntasse fuori la D'Addario.
E' lo stesso uomo che poco dopo è riuscito a dare dell'eversivo a Franceschini reo di aver formulato una semplicissima domanda con l'aggressività ed il sacro furore di un crociato.
Ed è lo stesso uomo, che con un tempismo degno di Franco Baresi, ha divorziato dalla moglie proprio qualche giorno dopo la richiesta di divorzio da parte di Veronica Lario. Ed ovviamente quest'uomo è stato uno dei pagliacci in prima fila a sostenere il mitico Family day, la manifestazione a più altra concentrazione di politici divorziati che si ricordi a memoria d'uomo.

Ovviamente ho citato solo tre facezie riguardanti questa macchietta umana, ma il punto principale di questo post che lo riguarda è che il FUS (Fondo Unico dello Spettacolo), che sostiene l'intera categoria dei lavoratori di cinema, teatro e derivati al momento dipende da quest'uomo.
Ossia, il ministro deputato alla gestione del FUS è quello che vedete in cima genuflesso, con le mani giunte e la bocca a culo di gallina.
Forse comincerete ad intuire come mai per un lavoratore del settore spettacoli al momento sarebbe preferibile lavorare come psicologo per l'imperatore Caligola.

Ora, che la destra quando sente il suono della parola "cultura" metta mano alla fondina della pistola è cosa risaputa ai più, eccetto gli elettori di questa destra per i quali il concetto di "cultura" si ferma al "Libro nero del comunismo" usato per riempire lo scaffale tra le due ante del mobile del soggiorno e le tette di Tinì Cansino, ma che in Italia esistano dei teatri è una realtà e che dentro questi teatri si faccia cultura è un dato di fatto del quale i fruitori di Grandi Fratelli e Isole dei Famosi dovranno prima o poi prendere atto.

Altrettanto dovranno prendere atto che gli attori famosi di cui si ingozzano di gossip lo sono perchè fanno una cosa chiamata cinema, e che i film non vengono realizzati usando degli ologrammi o dei fondali di cartone liofilizzato bensì grazie al lavoro di scenografi, macchinisti, attrezzisti, elettricisti, operatori di macchina, carrellisti, costumisti, parrucchieri, falegnami, facchini e di tutta una serie di persone chiamate "lavoratori" grazie ai quali è possibile costruire la scena entro cui si svolge il film.
Vale altresì ricordare che tutto ciò si ripete anche in campo teatrale (perchè giova ricordare ai signori elettori della destra che Puccini non ha scritto la Turandot al fine di far cantare "All'alba vinceròòòòòòò" ad Al Bano durante uno dei siparietti di "Buona domenica") e, incredibile ma vero, anche in capo televisivo.
Quindi dietro le fastose scenografie dove si esibiscono i loro eroi c'è del lavoro dietro, e non la magica mano di Berlusconi nel far apparire dal nulla paillettes, lustrini e fondali di cieli stellati.
Nè, giova ancora ricordarlo, i film vengono girati per essere presentati in confezioni rettangolari contenenti un dischetto argentato chiamato DVD bensì per essere proiettati in strutture chiamate sale cinematografiche, che dovrebbero conoscere visto che il loro Padrone possiede la maggiore casa di produzione cinematografica e le multisale ad essa collegate (e che da quando Berlusconi ha messo mano nel mondo del cinema la qualità del cinema italiano è andata definitivamente a picco).

Ma andiamo per ordine; il sottoscritto lavora nel settore, sezione teatro in primo luogo, ma essendo un ex-generico e conoscendo bene le regole di base di un allestimento di qualsiasi spettacolo su palco presto opera anche in spettacoli itineranti o altri eventi spettacolari che presuppongano una organizzazione di scene, costumi e luci al fine di mettere in scena un evento.
I teatri sono strutture molto complesse e le due principali forme di gestione esistenti in Italia sono due: quelli facenti capo all'Ente Lirico e le Fondazioni, che possono essere a partecipazione mista tra pubblico e privato o esclusivamente a gestione privata.
Il teatro dove lavoro io, ad esempio, è una fondazione sostenuta da associazioni private, banche ed una partecipazione di Comune e Regione sulla cui forma si può fare un abile esercizio di immaginazione. Nessuno di coloro che lavorano fattivamente sul palcoscenico ha un contratto a tempo indeterminato. Per i lavoratori di 6° e 5° livello non è facile tirar su in un anno una cifra che vada al di là della decenza. Si parla più o meno dello stipendio medio di un operaio, escluso però il periodo estivo durante il quale il teatro è chiuso (ora, ad esempio) e durante il quale non si viene retribuiti e quindi bisogna andarsi a cercare altri lavori stagionali, se si trovano, nell'eventistica estiva.
Negli Enti Lirici il discorso è differente. Per chi lavora su palco direi COMPLETAMENTE differente. Esistono contratti a tempo indeterminato, esistono garanzie sindacali e regolamentazioni completamente diverse e metodologie di lavoro probabilmente impraticabili in un teatro gestito come Fondazione. Ma qui parliamo di teatri storici come la Scala di Milano, il Regio di Parma o il San Carlo di Napoli, non di un teatro rimasto chiuso per quasi vent'anni e riaperto grazie ai Fondi europei gestiti appunto da una Fondazione a gestione praticamente privata come il teatro in cui lavoro.

Che è questo:



(lo so, potevo fare di meglio, mancano una fila di palchi e il loggione ma ero nella buca degli orchestrali, ehm).

Ora, lasciando perdere ogni considerazione logistica, la struttura ospita, oltre al consueto cartellone di spettacoli, una quantità considerevole di laboratori teatrali, stage, convegni, presentazioni, congressi ed altri eventi di natura anche molto diversa tra loro. C'è una grande attenzione verso i giovani ed i bambini, ad esempio; c'è un laboratorio teatrale per ragazzi affetti da sindrome di Down; c'è una kermesse finale dove ogni istituto scolastico presenta uno spettacolo teatrale recitato dagli studenti, i quali prendono così coscienza non solo del palco ma della possibilità che offre la recitazione (chi ha mai partecipato ad un buon laboratorio teatrale sa quanto questo possa incidere a livello di espressione delle proprie capacità), ogni anno c'è la rappresentazione dello spettacolo recitato dai detenuti del carcere, la presentazione dei saggi delle varie scuole di danza, che stanno crescendo come funghi segno che la domanda continua ad essere forte e che all'effetto-velina si sta sostituendo una domanda di possibilità espressiva (l'impressione è dettata da quanto vedo durante la preparazione e la messa in scena di questi saggi); insomma, la funzione di un teatro non si esaurisce con la rappresentazione di opere liriche, di concerti di musica classica e moderna o con spettacoli di prosa grazie ai quali attori che non hanno modo (o non vogliono più) lavorare in televisione o nella cinematografia possono continuare la nobile tradizione della recitazione teatrale o continuare ad esprimere la loro natura di attori di teatro (penso di getto al grandissimo Paolo Poli, ad esempio, ma il nostro carnet di attori teatrali è ancora assolutamente degno di nota); il teatro è un mondo che vive di pubblico in carne ed ossa e che di questo pubblico vive interagendo ed invitandolo alla partecipazione attiva, fino ad esserne protagonista. Almeno questo è il concetto di base. Ed una buona gestione è fondamentale per l'educazione e la crescita di una città, sia dal punto di vista culturale che da quello sociale.

Ecco, tornando alla radice del post, tutto questo, ora, è in mano a quest'uomo qui:


Potrete quindi immaginare perchè ho ricominciato a curare ossessivamente la mia forma fisica: ho bisogno di essere al massimo dell'espressione corporea, fisica e mentale, in modo da poter piantare il più potente cazzotto nel viso ad ogni elettore di destra che tenti di toccare con me l'argomento.

lunedì 20 luglio 2009

ITALIA WAVE PARTE SECONDA


Sabato pomeriggio, arrivo alla rotonda d'Ardenza accompagnato da un discreto refolo di libeccio; la copertura del palco oscilla mentre sotto i Calibro 35 ci danno dentro: bel gruppo, strumentali ultralounge ma cattivi, cattivi che anche la Milano che spara e la Polizia che non può avrebbero paura. Tirati, con trovate interessantissime e contaminatrici soprattutto verso un rhythm and blues che sembra uscito dalle menti malate di Takeshi Kitano e Ruggero Deodato in combutta. Li ho sinceramente adorati. Ecco un saggio del loro live set (questo però è stato preso a Siena)



I Julie's haircut sono molto cambiati da come li ricordavo. Ma il loro set dal vivo vale comunque la pena di essere goduto. Sono molto maturati, il suono è più crudo e più personale, i ragazzi si lasciano anche andare a qualche svisata deragliata (più Sonic youth che Pussy Galore, per intenderci) e magari in futuro ci faranno sentire cose ancora più pregevoli perchè i mezzi ci sono.
Qua, in gran forma al MIAMI Festival:



Sui Mariposa preferirei sorvolare. Non sono riuscito ad entrare nel loro strampalato mix tra vecchia giocosità fricchettona e pseudo invenzioni sinto-moderniste cosicchè speravo di veder apparire il vecchio Capitan Cuordibue armato di motosega, ma ho preferito far volta verso una delle baracchine sul viale a mare e fare il pieno di troiai ad alta gradazione alcoolica prima di entrare con la squadra di delinquenti con cui mi accompagnavo allo Stadio.

Laddove trovo gli Offlaga Disco Pax già in azione, col solito Max Collini statuario davanti all'asta del microfono intento a declamare le sue surreali poesie sulla vecchia Emilia che fu, versante Reggio. E' la terza volta che li vedo, è la terza volta che mi fanno stare bene. Mi ricordano un oscuro gruppo inglese che catturò per due CD la mia attenzione all'inizio del decennio/secolo/millennio, i Meanwhile back in Communist Russia, anche se ho ragione di credere che i testi siano molto differenti. Gli Offlaga sono il manifesto degli ex-PCI delusi anzi incazzati, anzi furibondi con il PD. Sono il manifesto del comunismo all'italiana dei bar, delle case del popolo, delle Feste dell'Unità e della sinsistra radicale della FGCI.
Cose dello scorso millennio, per l'appunto.
Un assaggio:



E l'esecuzione di "Cinnamon" al Festival l'anno scorso:



E il loro pezzo più famoso, "Robespierre"



Finito il set degli Offlaga ci prepariamo ai Kraftwerk, non senza una palpabile tensione emotiva.
Acquistai "Radioactivity" in versione 45 giri quando ancora ero alle scuole medie inferiori, e da allora non ho più saltato un'uscita, naturalmente non senza essermi nel frattempo procurato tutti vecchi, incredibili lavori ("Kraftwerk", "Ralf & Florian", "Autobahn" li ho praticamente fusi).
Sono da sempre rimasto affascinato dalla loro incredibile capacità di costruire linee armoniche decisamente kraut (d'altra parte la scena tedesca dove Can e Neu fanno da capostipiti ha un fascino che tuttora varrebbe la pena di riscoprire in tutta la sua sognante precisione teutonica) con l'ossessività e l'alienante incessante presenza sintetica elektro. E questo dagli anni '70, tanto per capire chi siano i nonni della scena tecno, nipote degenere.
Concerto bellissimo. L'inizio di "The man machine" mi ha steso subito, al primo colpo.
All'esecuzione di "The Model" sono saltato come un tappo di spumante, e così per "Autobahn","Radioactivity", "Trans Europe Express", "The Robots" (con dei manichini al posto dei musicisti), "Showroom dummies", "Computer love", insomma tutto lo scibile kraftwerkiano che la scarna e spettrale scenografia ha reso assolutamente perfetta nella resa dei brani anche dal punto di vista visuale.
Della line-up originale è rimasto il solo Ralf Hutter, ma con set come questi (e segnalo anche la più recente "Tour de France") la leggenda è destinata a continuare.



Alla fine ho avuto bisogno di un vero e proprio stretching mentale, sia per l'emozione sia perchè dovevo prepararmi ad Aphex Twin, e sapevo che non sarebbe stato un finale facile; in primis seppure Richard D. James non sia certo un habituè delle piste nostrane ed abbia peculiarità che lo rendono interessante anche a chi, come me, prenderebbe tutta la musica house e techno registrata esistente e ne farebbe un falò.
Inizia il suo DJ set in piena sordina, musica da club, innocua, snervante per me per i motivi sopraelencati. Dieci minuti, venti, mezz'ora.
Io e i miei amici (in realtà tre coppie più uno) ci stendiamo a terra, in fondo alla bolgia.
Ad un tratto parte.
"Come to daddy", uno dei pezzi il cui video ha contribuito a creare l'immaginifica leggenda di Richard D. James; da lì in poi un crescendo delirante di violenza, distorsione, beat parossistici, dall'impatto quasi industrial.
Credo, di tutti i concerti visti in vita mia di aver avuto un maggiore assalto ai miei poveri neuroni solo dai Missing Foundation, che rimangono comunque ineguagliabili ed ho ragione di credere che lo rimarranno per molto, molto tempo.
Un'ultima parte che giustifica ampiamente la nomina infernale che accompagna l'irlandese.



Avrò comunque modo di riparlare della scena X-tatica, della sua pseudocultura, delle sue droghe, delle scorie che sta già lasciando e che lascerà in questa e nelle prossime generazioni, così come è successo alla mia con l'eroina e gli acidi. Credo sia un punto fondamentale per capire certi cambiamenti ai quali le sottoculture contribuiscono in modo assai più determinante di quanto non si creda. Ed avrò modo di spiegare la mia brutale avversione verso le droghe pesanti di epoca e genere e di quanto comunque ho dovuto subirne l'influenza avendo vissuto ambienti e situazioni che ovviamente sono stati toccati da questi fenomeni.
Per il momento mi limito a dire che la componente creativa che può trasmettere l'attuale scena techno-elektro-house-e-affini mi dà la sensazione di portare semplicemente al vuoto assoluto, all'alienazione totale ed indiscriminata.
L'avevano previsto i DEVO, trent'anni fa.
E, così come avevano previsto, ci sarà una devoluzione che riporterà gli uomini allo stato di patata.

Per fortuna la domenica ci ha pensato la colonna pisana a trascinarmi allo stadio per l'ultima serata. Come ho avuto già modo di dire la Banda Bardò è fuori dalle mie grazie. Un pò come tutta la musica "resistente" certo non per i contenuti ma sicuramente per l'approccio musicale.
Perchè dopo i Clash è stato il NULLA. E in Italia avevamo già avuto Area, Stormy Six e la leggendaria scuderia Cramps a tracciare un solco che è rimasto l' ad attendere che i frutti nascessero. Pazienza.

Gli Ska-P invece hanno letteralmente incendiato lo stadio. La ricetta è quella conosciuta ma i ragazzi, dopo un inizio un pò sottotono hanno dato vita ad un concerto veramente entusiasmante anche per me che non sono assolutamente un appassionato del genere (oddio, se mi nominate i Mighty Mighty Bosstones o gli Operation Ivy, o i Rancid mi trovate assolutamente d'accordo sul fatto che siano gruppi di ottimo livello).










E credo che la festa vissuta al loro concerto sia stato un degno finale per questo festival, che sta decisamente decollando e spero dia un contributo di crescità anche alla città di Livorno, aprendo la gran parte dei suoi sonnacchiosi e spocchiosi abitanti chiusi nella loro caricatura di livornesità da vernacoliere, chiusi nei loro comitati anti-rumore dei quali spero che coloro che la città vorrebbero viverla si siano rotti definitivamente i coglioni affinchè questi zombie ansiosi di firme e ricorsi solo perchè la loro vita di merda non prevede una partecipazione ed una socializzazione dei quartieri (salvo poi strillare come scimmie urlatrici lamentandosi del fatto che "le strade sono in mano agli extracomunitari).
Dice c'è chi si deve alzare per andare a lavorare.
Già, anche io.
E ho sempre fatto lavori pesanti, turni a rotazione, compresi notturni o serali con rialzata veloce mattutina; non si sta parlando di far casino fino alle 3 di notte. E in tanti anni ne ho viste di scenate, irruzioni della Polizia nei locali richiamata dai soliti solerti tutori del sonno anche alle 10 di sera; personalmente ne ho pieni i coglioni di questa gente: comprano casa sul viale a mare e pretenderebbero la quiete della baita di montagna. Ma che andassero affanculo in qualche paesino delle colline della Valdicecina.
E vi raccomando le forze politiche, destra in testa.
L'anno scorso hanno iniziato contro Italia Wave una vera e propria campagna terroristica paventando grazie all'arrivo del Festival una calata di barbari, teppisti, delinquenti e punkabbestia, salvo poi rimanere smerdati a 64 colori, comprersa l'ineffabile CISL che addirittura aveva inviato una lettera ai propri iscritti dipendenti pubblici invitandoli a boicottare la manifestazione.
Quest'anno credo che le presenze siano cresciute, al solito le serate sono passate tranquillamente, a Livorno non si trovava una camera d'albergo neanche a peso dìoro ed anche il campeggio era al completo.
Spero che edizione dopo edizione il provincialismo gretto ed idiota di certe menti inizi, se non a cambiare, almeno a rimanere muto davanti alle prove di meturità che il pubblico del festival ha dimostrato di saper dare.

domenica 19 luglio 2009

IL RICHIAMO DELLA FORESTA





La Serracchiani vuole un partito che va da Grillo alla Binetti.
Il sito di Repubblica apre con l'appello del Papa alle famiglie di non scoraggiarsi di fronte alla crisi.
E la conclusione, ancora una volta, ancora ed una volta di più, è che questi non hanno capito un cazzo.

Ossia, hanno capito ancora una volta a modo loro.

E gli elettori di opposizione laici e libertari ancora una volta prendono atto che, seppure a fronte di un berlusconismo ormai assurto a vergogna planetaria e che continua a macinare cervelli come un enorme tritacarne che ricorda sempre più quello illustrato in "The Wall" dei Pink Floyd, si pende ancora dalle sottane di una setta religiosa ascoltata da quattro gatti ma economicamente potentissima, ma quel che è peggio antidemocratica, assolutista e che da sempre ingloba feccia oscurantista se non quando apertamente fascista; una setta che da sempre sfrutta l'ipocrita compassione verso gli ultimi per restare a fare lingua in bocca con potenti di ogni peggiore risma, che si affanna a coprire l'infame e scandalosa propensione clericale per la pedofilia insabbiando e mettendo a tacere fino a quando lo sgamo non diventa talmente enorme che li costringe a provvedere seppure in maniera risibile ed assolutamente inadeguata.
Una setta religiosa che ha perpetrato un modello sociale votato all'ipocrisia, nel quale l'importante è che la mano destra non sappia cosa faccia la sinistra, che nega diritti fondamentali a chi non rientra nel loro sistema di pensiero vecchio di migliaia di anni, talmente marcio che l'odore di putrefazione che emana appesta da solo buona parte del pianeta partendo da Roma.
Una setta religiosa che detiene tali e tante ricchezze pur essendo sempre meno seguita, da dare loro il diritto di mettere bocca in questioni di governi al di qua ed al di là dell'Atlantico, una fortuna costruita ammansendo ed inglobando sotto la sua ala mortale i poveri della terra, togliendo loro ogni possibilità di vero riscatto sociale, perchè i poveri hanno da esser poveri, altrimenti i pastori dovrebbero cercarsi un altro lavoro.
Una setta religiosa che si fa forte di società affiliate come l'Opus Dei, di confraternite dove potenti e traffichini decidono sorti che dovrebbero essere decise nelle sedi deputate dal popolo, una setta religiosa che esige per sè ogni privilegio, a cominciare dalla imperscrutabile cortina che avvolge le loro banche, dalle ingiustificabili prelazioni in sede scolastica, dall'invasiva presenza simbolica negli uffici pubblici, dall'insopportabile onnipresenza nell'informazione, nel continuo lecchinaggio dei media.

Ecco, Serracchiani, Repubblica, Franceschini, Bersani & compagnia bella. Per questo non avete ancora capito un cazzo.

Noi popolo della sinistra, popolo di non votanti, di oppositori, di liberi esseri pensanti, di democratici laici, di individui, NOI QUESTA GENTE NON LA VOGLIAMO.

Se dei credenti pensano sia il caso di condividere un ideale progetto che garantisca la libertà dei cittadini di potersi esprimere nella propria vita senza dover necessariamente sottostare ai diktat di cotale setta religiosa garantendo la libertà individuale anche di coloro che non necessariamente si riconoscono in regole dettate da semianalfebeti di 2000 e più anni fa e rivolte ad un popolo di pastori nessuno chiuderà la porta.

Ma se si ha la volontà di capire con chi si ha a che fare la somma di 2+2 continuerà ad essere sempre, ineluttabilmente 4.