lunedì 20 luglio 2009

ITALIA WAVE PARTE SECONDA


Sabato pomeriggio, arrivo alla rotonda d'Ardenza accompagnato da un discreto refolo di libeccio; la copertura del palco oscilla mentre sotto i Calibro 35 ci danno dentro: bel gruppo, strumentali ultralounge ma cattivi, cattivi che anche la Milano che spara e la Polizia che non può avrebbero paura. Tirati, con trovate interessantissime e contaminatrici soprattutto verso un rhythm and blues che sembra uscito dalle menti malate di Takeshi Kitano e Ruggero Deodato in combutta. Li ho sinceramente adorati. Ecco un saggio del loro live set (questo però è stato preso a Siena)



I Julie's haircut sono molto cambiati da come li ricordavo. Ma il loro set dal vivo vale comunque la pena di essere goduto. Sono molto maturati, il suono è più crudo e più personale, i ragazzi si lasciano anche andare a qualche svisata deragliata (più Sonic youth che Pussy Galore, per intenderci) e magari in futuro ci faranno sentire cose ancora più pregevoli perchè i mezzi ci sono.
Qua, in gran forma al MIAMI Festival:



Sui Mariposa preferirei sorvolare. Non sono riuscito ad entrare nel loro strampalato mix tra vecchia giocosità fricchettona e pseudo invenzioni sinto-moderniste cosicchè speravo di veder apparire il vecchio Capitan Cuordibue armato di motosega, ma ho preferito far volta verso una delle baracchine sul viale a mare e fare il pieno di troiai ad alta gradazione alcoolica prima di entrare con la squadra di delinquenti con cui mi accompagnavo allo Stadio.

Laddove trovo gli Offlaga Disco Pax già in azione, col solito Max Collini statuario davanti all'asta del microfono intento a declamare le sue surreali poesie sulla vecchia Emilia che fu, versante Reggio. E' la terza volta che li vedo, è la terza volta che mi fanno stare bene. Mi ricordano un oscuro gruppo inglese che catturò per due CD la mia attenzione all'inizio del decennio/secolo/millennio, i Meanwhile back in Communist Russia, anche se ho ragione di credere che i testi siano molto differenti. Gli Offlaga sono il manifesto degli ex-PCI delusi anzi incazzati, anzi furibondi con il PD. Sono il manifesto del comunismo all'italiana dei bar, delle case del popolo, delle Feste dell'Unità e della sinsistra radicale della FGCI.
Cose dello scorso millennio, per l'appunto.
Un assaggio:



E l'esecuzione di "Cinnamon" al Festival l'anno scorso:



E il loro pezzo più famoso, "Robespierre"



Finito il set degli Offlaga ci prepariamo ai Kraftwerk, non senza una palpabile tensione emotiva.
Acquistai "Radioactivity" in versione 45 giri quando ancora ero alle scuole medie inferiori, e da allora non ho più saltato un'uscita, naturalmente non senza essermi nel frattempo procurato tutti vecchi, incredibili lavori ("Kraftwerk", "Ralf & Florian", "Autobahn" li ho praticamente fusi).
Sono da sempre rimasto affascinato dalla loro incredibile capacità di costruire linee armoniche decisamente kraut (d'altra parte la scena tedesca dove Can e Neu fanno da capostipiti ha un fascino che tuttora varrebbe la pena di riscoprire in tutta la sua sognante precisione teutonica) con l'ossessività e l'alienante incessante presenza sintetica elektro. E questo dagli anni '70, tanto per capire chi siano i nonni della scena tecno, nipote degenere.
Concerto bellissimo. L'inizio di "The man machine" mi ha steso subito, al primo colpo.
All'esecuzione di "The Model" sono saltato come un tappo di spumante, e così per "Autobahn","Radioactivity", "Trans Europe Express", "The Robots" (con dei manichini al posto dei musicisti), "Showroom dummies", "Computer love", insomma tutto lo scibile kraftwerkiano che la scarna e spettrale scenografia ha reso assolutamente perfetta nella resa dei brani anche dal punto di vista visuale.
Della line-up originale è rimasto il solo Ralf Hutter, ma con set come questi (e segnalo anche la più recente "Tour de France") la leggenda è destinata a continuare.



Alla fine ho avuto bisogno di un vero e proprio stretching mentale, sia per l'emozione sia perchè dovevo prepararmi ad Aphex Twin, e sapevo che non sarebbe stato un finale facile; in primis seppure Richard D. James non sia certo un habituè delle piste nostrane ed abbia peculiarità che lo rendono interessante anche a chi, come me, prenderebbe tutta la musica house e techno registrata esistente e ne farebbe un falò.
Inizia il suo DJ set in piena sordina, musica da club, innocua, snervante per me per i motivi sopraelencati. Dieci minuti, venti, mezz'ora.
Io e i miei amici (in realtà tre coppie più uno) ci stendiamo a terra, in fondo alla bolgia.
Ad un tratto parte.
"Come to daddy", uno dei pezzi il cui video ha contribuito a creare l'immaginifica leggenda di Richard D. James; da lì in poi un crescendo delirante di violenza, distorsione, beat parossistici, dall'impatto quasi industrial.
Credo, di tutti i concerti visti in vita mia di aver avuto un maggiore assalto ai miei poveri neuroni solo dai Missing Foundation, che rimangono comunque ineguagliabili ed ho ragione di credere che lo rimarranno per molto, molto tempo.
Un'ultima parte che giustifica ampiamente la nomina infernale che accompagna l'irlandese.



Avrò comunque modo di riparlare della scena X-tatica, della sua pseudocultura, delle sue droghe, delle scorie che sta già lasciando e che lascerà in questa e nelle prossime generazioni, così come è successo alla mia con l'eroina e gli acidi. Credo sia un punto fondamentale per capire certi cambiamenti ai quali le sottoculture contribuiscono in modo assai più determinante di quanto non si creda. Ed avrò modo di spiegare la mia brutale avversione verso le droghe pesanti di epoca e genere e di quanto comunque ho dovuto subirne l'influenza avendo vissuto ambienti e situazioni che ovviamente sono stati toccati da questi fenomeni.
Per il momento mi limito a dire che la componente creativa che può trasmettere l'attuale scena techno-elektro-house-e-affini mi dà la sensazione di portare semplicemente al vuoto assoluto, all'alienazione totale ed indiscriminata.
L'avevano previsto i DEVO, trent'anni fa.
E, così come avevano previsto, ci sarà una devoluzione che riporterà gli uomini allo stato di patata.

Per fortuna la domenica ci ha pensato la colonna pisana a trascinarmi allo stadio per l'ultima serata. Come ho avuto già modo di dire la Banda Bardò è fuori dalle mie grazie. Un pò come tutta la musica "resistente" certo non per i contenuti ma sicuramente per l'approccio musicale.
Perchè dopo i Clash è stato il NULLA. E in Italia avevamo già avuto Area, Stormy Six e la leggendaria scuderia Cramps a tracciare un solco che è rimasto l' ad attendere che i frutti nascessero. Pazienza.

Gli Ska-P invece hanno letteralmente incendiato lo stadio. La ricetta è quella conosciuta ma i ragazzi, dopo un inizio un pò sottotono hanno dato vita ad un concerto veramente entusiasmante anche per me che non sono assolutamente un appassionato del genere (oddio, se mi nominate i Mighty Mighty Bosstones o gli Operation Ivy, o i Rancid mi trovate assolutamente d'accordo sul fatto che siano gruppi di ottimo livello).










E credo che la festa vissuta al loro concerto sia stato un degno finale per questo festival, che sta decisamente decollando e spero dia un contributo di crescità anche alla città di Livorno, aprendo la gran parte dei suoi sonnacchiosi e spocchiosi abitanti chiusi nella loro caricatura di livornesità da vernacoliere, chiusi nei loro comitati anti-rumore dei quali spero che coloro che la città vorrebbero viverla si siano rotti definitivamente i coglioni affinchè questi zombie ansiosi di firme e ricorsi solo perchè la loro vita di merda non prevede una partecipazione ed una socializzazione dei quartieri (salvo poi strillare come scimmie urlatrici lamentandosi del fatto che "le strade sono in mano agli extracomunitari).
Dice c'è chi si deve alzare per andare a lavorare.
Già, anche io.
E ho sempre fatto lavori pesanti, turni a rotazione, compresi notturni o serali con rialzata veloce mattutina; non si sta parlando di far casino fino alle 3 di notte. E in tanti anni ne ho viste di scenate, irruzioni della Polizia nei locali richiamata dai soliti solerti tutori del sonno anche alle 10 di sera; personalmente ne ho pieni i coglioni di questa gente: comprano casa sul viale a mare e pretenderebbero la quiete della baita di montagna. Ma che andassero affanculo in qualche paesino delle colline della Valdicecina.
E vi raccomando le forze politiche, destra in testa.
L'anno scorso hanno iniziato contro Italia Wave una vera e propria campagna terroristica paventando grazie all'arrivo del Festival una calata di barbari, teppisti, delinquenti e punkabbestia, salvo poi rimanere smerdati a 64 colori, comprersa l'ineffabile CISL che addirittura aveva inviato una lettera ai propri iscritti dipendenti pubblici invitandoli a boicottare la manifestazione.
Quest'anno credo che le presenze siano cresciute, al solito le serate sono passate tranquillamente, a Livorno non si trovava una camera d'albergo neanche a peso dìoro ed anche il campeggio era al completo.
Spero che edizione dopo edizione il provincialismo gretto ed idiota di certe menti inizi, se non a cambiare, almeno a rimanere muto davanti alle prove di meturità che il pubblico del festival ha dimostrato di saper dare.

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