venerdì 22 gennaio 2010

LA GUERRA DI PIERO


Sono passati trent'anni che Piero Ciampi è andato a scolarsi vinaccio al metanolo all'inferno.
Me lo fece conoscere Bobo Rondelli quando ci capitava di fare qualche schitarrata in compagnia; lui non aveva ancora formato gli Ottavo Padiglione, era ancora alla incarnazione precedente, "Les Bijoux" coi pezzi in inglese, però Ciampi l'aveva preso di petto e così ci faceva ascoltare "Tu no", "Lungo treno del sud" o "Il vino" con la sua voce piena e rotonda così andai a raccattare tutto quello che potevo trovare di questo livornese di cui avevo solo sentito parlare e che, da vero outsider qual era, aveva perso la stagione "impegnata", la stagione intimista, la stagione dei poeti e la stagione degli amori.
A quei tempi si trovava pochissimo. Un cofanetto triplo della RCA tipo "Il meglio di"; poteva bastare.
Poi ne lessi le gesta in un libro che riportava fedelmente tutti i testi, la storia e un CD con 4 inediti, tra cui "Il giocatore", un capolavoro assoluto.
Piero Ciampi ha trasformato la sua vita in un massacro poetico contro un mondo che rifiutava l'ipotesi di concedere ai poeti il proprio angolo di cielo. Intascava gli anticipi della casa discografica e spariva senza lasciare traccia. Non si presentava ai concerti lasciando come messaggio agli organizzatori disperati un "Non sono potuto venire". Ha trascinato la sua voce impastata di vino, sigarette, amori finiti e sogni spezzati in canzoni che aprono ferite in ogni cuore che sappia quanto la vita sia prima di tutto disillusione e rimpianto e che il resto è un contorno che dà solo qualche sprazzo di felicità.
Ha sempre rifiutato le mani tese dell'industria discografica, i suoi tempi, le sue regole.
E' salito sul palco del Premio Tenco ubriaco fradicio e ad uno spettatore che lo aveva fischiato consigliò di comprarsi un sassofono.
Ci provo a cantare "Disse non Dio, decido io"; perché voleva morire di cirrosi o andare in coma etilico e non svegliarsi più; negli ultimi tempi viveva senza luce né gas ma con l'immancabile fiasco sempre accanto. Ma un cancro alla gola arrivò prima e se lo portò via, per l'appunto 30 anni fa.
Piero Ciampi non ha avuto, né avrà mai, i riconoscimenti e le schiere inestinguibili di ammiratori dei De André, dei Guccini, dei Battisti, neanche dei Tenco.
C'è un premio a lui intitolato che si svolge al Teatro Goldoni di Livorno, e mi rendo conto della immane fatica che gli organizzatori devono fare per cercare di non allontanarsi dallo spirito con cui Piero affrontava il mondo della musica; probabilmente non avrebbe neanche apprezzato l'idea di un premio a suo nome.
Avrebbe preferito chiudersi in qualche bettola, a vuotare fiaschi di vino con Ugo Balboa, il Maestro Palazzi e qualche altro briào caricato a Tavernello per poi fare una scazzottata e tornarsene su una qualche branda a prepararsi per la bevuta del giorno dopo.
O forse no.
A noi resta il suo slogan "Andare camminare, lavorare" e il vaffanculo più solenne e poetico mai pronunciato, quello di "Adius".
Ma il testo che voglio riportare è quello che meglio esemplifica Piero ed il suo esser rimasto livornese nonostante le rapidefugherapidefugherapidefughe:

TE LO FACCIO VEDERE CHI SONO IO

Una regina come te in questa casa? ma che succede?
ma siamo tutti pazzi? ma io adesso sai che cosa faccio?
che ore sono? le undici? io fra - guarda - fra cinque ore

sono qua e c'hai una casa con quattordici stanze,
te lo faccio vedere chi sono io. E che sono quei cenci
che hai addosso?! ma che è, ma fammi capire...
ma senti... ma io... ma come! Tu sei... sei la mia...
e stiamo in questa stamberga coi cenci addosso!
Ma io adesso esco, sai che cosa faccio? ma io ti porto...
una pelliccia... di leone... con l'innesto di una tigre.
Te lo faccio vedere chi sono io.

Senti, intanto però c'è un problema: siccome devo uscire,
mi puoi dare mille lire per il tassì in modo che arrivo
più in fretta a risolvere questo problema volgare che
abbiamo? Te lo faccio vedere chi sono io, lascia fare
a me, lascia fare a me, lascia fare a me perché... ti
devi fidare.

Ma che cosa ti avevo detto, una casa? ma io sai che cosa
faccio? ma io ti compro un sottomarino. Perché? se qui
davanti a casa nostra quelli c'hanno la barca e rompono
le scatole, io ti compro un sottomarino! così, sai, li fai
ridere tutti, questi, hai capito? Intanto facciamo una cosa,
che fra cinque ore sono qua: tu metti la pentola sul fuoco,
ci facciamo un bel piatto di spaghetti al burro mentre
aspettiamo il trasloco, poi ci ficchiamo a letto e te lo faccio
vedere chi sono io: ti sganghero! Te lo faccio vedere
chi sono io! Te lo faccio vedere chi sono io,
sono un uomo asociale ma sono un uomo che ti...
Io non ti compro il sottomarino: ti compro un transatlantico.
Basta che tu non scappi, stai attenta che... se scappi
col transatlantico ti affogo nel... nell'Oceano Pacifico.
Dai, dai, coricati, vai che ti sganghero,
te lo faccio vedere chi sono io!


E sentite anche voi le palme......




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