Credo siano passati 36 anni da quando acquistai una copia di "Pin-ups" di David Bowie alla UPIM di Livorno.
Avevo 11 anni ed avevo iniziato da poco ad acquistare "Ciao 2001" mentre l'altra rivista musicale allora in giro ("Qui Giovani") aveva chiuso bottega da pochissimo.
Era il quarto LP che acquistavo dopo una preadolescenza passata ad infilare senza sosta 45 giri nel mangiadischi.
La ragione per cui acquistai quel disco fu il convincente articolo di presentazione di Ciao 2001 ma soprattutto quella copertina:
Due maschere aliene che mi dettero un senso di irrequietezza e.....completezza, ecco credo sia il termine giusto.
Inoltre faceva molto irritare i miei genitori, quindi doveva per forza di cose essere cosa buona e giusta.
A quell'età si ragiona così, almeno il sottoscritto aveva adottato entusiasticamente tale weltaanschaung visto i reiterati e pedanti tentativi dei miei di fare di me un ragazzo "con la testa a posto" e datosi che i modelli di "teste a posto" che mi venivano indicati mi facevano vomitare altra soluzione che andare esattamente all'opposto non mi rimaneva.
In breve tempo avevo la allora piuttosto scarna discografia di David Bowie per intero.
"Diamond dogs" non era ancora uscito quindi feci abbastanza presto.
Per farla breve nel giro di un mese diventai un fan bowiano fino al midollo e tale sono rimasto ad oggi, per l'appunto 36 anni dopo.
Perché David Bowie non è solo un cantante o un artista.
E' la quintessenza dell'arte.
E' un personaggio che ha trasmesso il suo messaggio cambiando continuamente pelle rimanendo profondamente e coerentemente se stesso.
Ha dato al termine "rockstar" un significato a 360°, il primo che ha veicolato l'immagine come un fattore importante allo stesso modo in cui è importante la musica. Perchè l'immagine è un veicolo del messaggio proprio come la musica che l'immagine produce.
Non era Lady Gaga. Niente di paragonabile, neanche a quei tempi.
La musica non era spazzatura commerciale da consumare in poche settimane per poi far posto ad un'altro video e ad un'altro tormentone simil-Madonna.
"Pin-ups" ad esempio è un disco di covers, e che covers.
Ascoltate la versione di "See Emily play" dei Pink Floyd, quell'uscita al limite dell'atonale sulla quale entrano gli archi a sfumare definitivamente.
O la decadente e sfibrata eppure pervasa da un vigore nascosto ed irrefrenabile "Where have all the good times gone" dei Kinks.
O la fumigante "Anyway, anyhow. anywhere" degli Who.
Tanto per mettere due puntini sulle i.
Ma è stato poi, con gli "Hunky dory", gli "Aladdin sane", i "The rise and fall of Ziggy Stardust", gli "Space Oddity" che mi esplose qualcosa dentro, qualcosa che sentivo assolutamente, profondamente ed ineluttabilmente mio.
Senonchè il mio preferito nonché quello che affettivamente mi è più caro resta "The man who sold the world", un disco oscuro, cupo ed anche abbastanza ostico rispetto ai suoi capolavori.
Chitarre acide, basso decisamente sopra le righe, drumming spezzato e nervoso, ballate che toccano i nervi scoperti dell'inconscio ("After all", "All the madmen"), capolavori pop che per fortuna Kurt Cobain ha dissotterrato dall'oblìo ("The man who sold the world"), la perfetta epica pop ("The widht of a circle"), cavalcate acide e corrosive ("She shook me cold") e ciononostante l'album non era mai segnalato dalla critica, era praticamente il fratellino minore, la Cenerentola della discografia bowiana.
A me faceva letteralmente strippare.
E quel senso compiuto di assemblaggio delle emozioni e dei segnali del rock 'n roll come lo conoscevamo allora.
Beatles, Rolling Stones, Dylan, il beat anglosassone, il rock americano: ci sentivi di tutto, ma soprattutto ci sentivi Bowie. Perché era fin troppo evidente che l'allora Ziggy Stardust aveva ben metabolizzato gli anni '60 in tutte le loro componenti e ne aveva fatto una rilettura personale e personalizzata, dandola in pasto al pubblico con sembianze mai viste allora.
Era l'uomo delle stelle, la star che apriva l'armadio dell'immaginario giovanile più nascosto, il vero simbolo della rivoluzione sessuale, la traccia da seguire per chi avesse ben inteso da sè, individualmente il concetto di Libertà, quella fuori dallo schema ideologico ed ideologizzato.
Puoi essere qualunque cosa, se lo vuoi. Era questo il messaggio.
Recepii.
Ovviamente non ho mai avuto la minima intenzione di scimmiottare il personaggio, quindi non mi è mai passato per l'anticamera del cervello di imitarlo a livello di immagine. Non ho la stessa fisicità androgina, né il magnetismo di Bowie che per quanto vedo in giro rimane unico ed inimitabile.
Però ho lussuriosamente esplorato, conosciuto, assorbito e carnalmente metabolizzato qualsiasi cosa mi affascinasse, anche cose diametralmente opposte tra loro, rivestendo l'abito mentale adatto per accoglierle e dismettendolo per trasformarlo in altro quando mi sentivo pronto per esplorare nuove esperienze con un bagaglio in più. E senza porre limiti in partenza.
Questo è il marchio che ho ricevuto dall'artista e dalla sua musica.
Questo marchio mi è rimasto addosso tuttora.
Cambiare pelle, espressioni corporee, sensibilità, esplorare ed esplorarsi, sempre rimanendo se stessi.
Il Bowie americano di "Young americans" e "David Live" e quello berlinese della trilogia, quello svagatamente dandy di "Black tie white noise" e quello maturo ma ancora presente nel tempo di "Earthling" e "Outside" mi hanno accompagnato come una presenza rassicurante e familiare, soprattutto dopo che l'ondata punk di fine anni '70 e quel che ne ha conseguito ha costituito un altro caposaldo del mio modo di pensare.
E non è un caso se Bowie viene definito uno dei padri del punk.
E' certo che gli artisti che eleggiamo fra i nostri preferiti spesso, anzi quasi sempre, sono una espressione di nostri desideri inconsci e che specialmente in giovanissima età ci aiutano a instradare aspetti della nostra personalità e da qui parte un processo di identificazione che spesso sfocia in manifestazioni non proprio "sane", ma la mancanza di regole che il rock 'n roll ha da sempre promosso è un sintomo di come sta poi a noi individui gestire il proprio equilibrio e la propria crescita.
Bowie è stato un modello di liberazione individuale come mai più ne vedremo in questa società spettacolarizzata ed appiattita su modelli che non propongono, ma impongono l'essere ragazzi "con la testa a posto" e che semmai possono esternare se stessi in maniera bizzarra, sì, ma a fini di profitto per l'industria della musica e quindi da questa manovrati ed edulcorati.
Bowie è stata un'altra delle espressioni nate dalla cultura pop warholiana che era di per sè stessa industria e messaggio, che costruiva da sè l'immagine ed il suo contenuto, per questo credo che un artista come David Bowie sia oggi assolutamente irripetibile.
Tra l'altro ho la fortuna di frequentare quasi quotidianamente Lindsay Kemp che è stato il suo primo maestro di mimo e di espressione corporea nonché il coreografo e mentore dello show che portava in giro sotto le spoglie di Ziggy Stardust. Ora cura i laboratori di teatro e danza per i giovani virgulti livornesi che vogliono affacciarsi al mestiere di attore teatrale.
Quando per la prima volta l'ho visto apparire nel teatro dove lavoro ho quasi avuto un infarto.
Solo che dopo due secondi un macchinista mio collega, Bobo, gli ha appioppato una possente manata sulla schiena seguito da un giovialissimo "Vieni, Linziiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!" spoetizzandomi il tutto a tempo di record.
Ovviamente il Maestro preferisce il bacetto ma abbozza soavemente.
Vabbé.
Oggi David Bowie compie 64 anni.
Auguri.
AA.VV. - Musica concreta. A cura di Stefano Ghittoni
-
*Stefano Ghittoni* si è premurato di raccogliere le testimonianze di una
quarantina di musicisti, artisti e "affini" in relazione al concetto di
musica ("...
10 ore fa
11 commenti:
Alla tua età gliene davo di Deep Purple e Iron Butterfly. Bowie ho iniziato ad amarlo con la trilogia berlinese, salvo poi recuperarlo in seguito e ti dirò, gli anni glam sono quelli che preferisco.
lo sai che per questo tuo post e segnatamente per:
Senonchè il mio preferito nonché quello che affettivamente mi è più caro resta "The man who sold the world", un disco oscuro, cupo ed anche abbastanza ostico rispetto ai suoi capolavori.
mia moglie Linda vorrebbe conoscerti di persona?
Lei è una fan di Bowie come te, ossia dalla sua adolescenza.
io sono e resterò metallaro quindi per me Slayer+Iron Maiden+Manowar restano la trilogia degli affetti giovanili anche se son partito dalla musica classica (Beethoven e Mozart principalmente).
@Furio: dobbiamo venire a Bientina allo studio del tipo degli Homo Sapiens (hehe) per vedere se ci fa un buon prezzo prima della fine del mese. Già che ci siamo consigliami un buon posto dove mangiare, magari ci vediamo lì. Ti faccio sapere, in caso, quando ci muoviamo.
Di metal ne mastico un pò, con preferenza per il grindcore (Carcass su tutti) e gli Slayer, anche se il mio batterista li conosce e dice che sono delle maestose teste di cazzo ;-) (Dave Lombardo escluso).
Perbacco, si fa in là con gli anni il Duca.
La sua musica è qualcosa di inimitabile.
Auguri a lui.
:)
Che post..Che post...Non sò se è per la febbre alta,ma mi sono commossa!! Non posso aggiungere niente...Dico solo che il mio preferito è Hunky Dory..Ma probabilmete perchè contiene Life on Mars? ...Canzone capolavoro...
Grazie Sassicaia per queste parole!
Auguri Genio..E che la speranza di poterti vedere dal vivo non muoia mai..
Geniale soprattutto nel riuscire a conservare la patente di genio nonostante le incredibili vaccate musicali pubblicate a partire dal 1980 circa :)
@Allelimo: lo stesso amore con cui guardi i segni della cellulite della donna che ami. E la scopi lo stesso con immutata passione.
anche per me la trilogia resta il punto più alto...
che personaggio!
Cosa buona e giusta. Evviva i sani 'a me piace, sò c… miei'! :)
Stupendo artista, mito vivente.
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