lunedì 16 febbraio 2009

BARBARISM BEGINS AT HOME


Niente paura, nessuna apologia degli Smiths, nè un post sulle violenze familiari.
La casa comunque è la nostra e la barbarie, l'ennesima dose ce la portiamo noi ogni giorno sotto forma di rotoli di carta stampata.
Sono i quotidiani locali, i gazzettini del popolo, quelli che si leggono per sapere meglio di noi, di coloro che ci stanno più vicini, di cosa ci succede magari a pochi metri di distanza, come e cosa fa chi amministra la nostra città e cosa dovrebbe aspettarci nel futuro più prossimo.
Non voglio essere più duro del necessario con i giornali locali della mia città solo perchè non ho paragoni sufficienti con quelli delle altre; conosco abbastanza bene "Il Messaggero" ed "Il Tempo" di Roma, ma non abbastanza le testate locali del resto della penisola.
Quindi mi baserò su quanto vedo qui, a Livorno, dove i quotidiani locali sono tre ma dove l'informazione, quella vera, viene fatta esclusivamente da un periodico di area antagonista mentre la stampa istituzionale ed istituzionalizzata fa unicamente da megafono a gruppi di potere o potentati in procinto di reclamare la grossa e per niente grassa fetta di potere che una città come Livorno può offrire.
Il linguaggio?
Uguale, pericolosamente uguale, tendenziosamente uguale, vergognosamente uguale a quello del Linguaggio Unico Televisivo. Le locandine diffondono senso di insicurezza ed allarme, le cronache si preoccupano di accendere i riflettori su disgrazie di disgraziati cercando sempre e comunque l'appiglio giusto per gridare al mostro, gli "uomini" e gli "extracomunitari" se non quando i "clandestini" sono doverosamente e puntualmente differenziati, il ricorso neanche subliminale alle parole d'ordine dei media è sistematico e puntuale; la criminalizzazione delle aree politiche non omologate è subdola ed insinuante se si tratta di confronto, sistematica sempre e comunque nel merito.
E l'effetto-bar è garantito, l'invettiva ad alta voce contro i nemici di turno indicati dalla gazzetta altrettanto; invettiva che entra nel linguaggio collettivo contagiando con il virus dell'ignoranza il cittadino che si ritrova quasi inconsapevolmente a far da cassa di risonanza al linguaggio proposto/imposto: il Linguaggio Unico Televisivo, perlappunto.
Gli strumenti di difesa in nostro possesso sono sotto attacco, un certo senatore D'Alia con un emendamento al decreto sicurezza ha inteso di mettere un bavaglio alla libera circolazione delle idee in rete; la crociata governativa contro la libertà di informazione non può conoscere soste.
Il senatore tuttavia, essendo uno stupido così come stupidi sono tutti coloro che progettano ed appoggiano queste iniziative, non può tenere di conto di un semplicissimo fatto: non è restringendo le libertà adottando un modello cinese di controllo dell'informazione che riuscirà a sopire il ribrezzo e lo schifo che la maggioranza degli italiani serba in cuore nei confronti della classe politica che rappresenta, quindi verrà naturale differenziare, costruire e gestire altre forme, altri spazi ed altre possibilità perchè a differenza di quanto la feccia attualmente al potere spera, sono troppe le persone che hanno scoperto il piacere di comunicare e scambiarsi informazioni liberamente e senza filtri da parte di chi di potere ne ha già troppo.

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